CittadinanzAttiva 2011-2012. Incontro sul tema “Società: persona di persone”. Relatore: Prof. Orazio Francesco Piazza

Il giorno 22 ottobre 2011, alle ore 16:00, presso il Palazzo del Genio in Cerreto Sannita, si è svolta la prima lezione del VII Corso di “CittadinanzAttiva” dal titolo: “Senso comunitario e dialogo tra generazioni”. E’ intervenuto sul tema “Società: persona di persone”, il Prof. Orazio Francesco Piazza, Presidente del CSS Bachelet ONLUS.

Il Prof. Piazza, paragonando la società ad un insieme di ingranaggi fatti di persone, che funzionano soltanto se ciascuna persona tiene conto dell’altra e se tutte le persone si muovono nella stessa direzione, apre l’incontro ponendo due quesiti:

  1. Dire persona è già dire società?
  2. Dire relazione è già dire coesione sociale?

Una prima risposta a queste due domande è la seguente: “Non basta stare insieme, bisogna collaborare, bisogna interagire, bisogna comprendere.”

In un contesto caratterizzato da una pluralità di visioni, in cui ciascun individuo porta con sé la propria idea di mondo e di vita, ciò che nell’individualità diversifica, nell’unione accomuna. In altri termini, la pluralità può essere definita come un grande valore della società civile e dell’uomo, in quanto può essere un’opportunità per favorire la ricchezza sociale, ma non deve chiudersi nella propria autoreferenzialità. Se il pluralismo dell’individualità non trova coesione su cui interagire per lo stesso progetto di vita, può diventare una delle cause principali e scatenanti dei conflitti sociali.

Se è vero che ognuno di noi è una ricchezza, è altrettanto vero che per poter lavorare in senso unitario, armonizzando le differenze, dobbiamo porci degli obiettivi. A questo punto sorge spontaneo chiedersi: “Che cosa siamo chiamati a fare?” Siamo chiamati a rispondere ad un contesto frammentato e a riferimenti valoriali rarefatti, che necessitano di corresponsabilità come azione comunitaria. Questo significa che viviamo in una società in cui i vincoli si sono spezzati, in cui il rapporto tra le persone non è legato dai valori quali l’amicizia, il sostegno, ma da valori quali l’essere il migliore, l’essere superiore all’altro, ecc.

In questa dinamica, diventano di fondamentale importanza la coesione e l’integrazione di persone e ruoli, porre fondamenti condivisi e riqualificare le relazioni. Se non ricomponiamo il rapporto tra le persone, diventa difficile poter strutturare la società. Ciascuno di noi, pertanto, deve crescere nella formazione integrale e nell’esperienza concreta della qualità delle relazioni, diventando soggetti motivati in un cammino di reciprocità. Se non abbiamo il desiderio di costruire la vita sociale, di ricostruire le trame dell’amicizia, non possiamo parlare di società. Bisogna imparare a camminare insieme, ma soprattutto bisogna imparare a camminare nella stessa direzione. In che modo è possibile fare ciò?

Il filosofo francese Edgar Morin usa l’espressione: “inclusività”. Bisogna tener conto della presenza di altri nel nostro cammino e della diversità dei soggetti con cui ciascuno di noi si accompagna. Sono le minorità, sono le persone più disagiate a dettare il ritmo della società. Si può arrivare alla meta solo se si riesce a mantenere il ritmo dei più deboli. Questa è, secondo il Prof. Piazza, una regola sociale fondamentale.

Nell’ottica dell’inclusività, non è possibile non considerare quelle persone che hanno meno possibilità, che hanno meno qualità, che non sono messe in condizione di poter reagire di fronte alle richieste della società. Quando la società concentra la sua attenzione su modelli forti, è una società che basa la coesione sociale su chi è più potente, escludendo tantissime altre persone. Ci troviamo di fronte ad una società non umana. Ecco perché diventa importante la formazione all’essenziale (rispettare la dignità e la libertà della persona), la sensibilità integrale e la capacità critica (saper leggere la realtà e saper misurare se stessi), la formazione allo spirito di coesione per poter essere compartecipi (imparare a stare insieme).

Non c’è niente di più difficile che mettere insieme delle persone e farle durare nel tempo. Basti pensare alla famiglia, alle amicizie, alle strutture sociali.  Dove nasce questa complessità? Nasce nella definizione della persona. Al riguardo, il Prof. Piazza propone uno schema, dal quale si evince che la persona si struttura a tre livelli.

Lettura fenomenologica
fainomai: ciò che si mostra
Lettura simbolica
synballo: unire
Lettura logico-formale
interpretazione razionale
Körper:
fisicità – io ho un corpo
Esteriorità:
significante
L’uomo nel mondo
Leib:
coscienza – io sono un corpo
Interiorità:
significato
L’uomo con se stesso
Leiblichkeit: coscienza delle relazioni Senso:
contesto relazionale

L’uomo con l’altro

Ognuno di noi ha un proprio corpo, ha consapevolezza del proprio corpo e vive in relazione (lettura fenomenologica). Il primo livello, quindi, è rappresentato dalla fisicità. Il secondo livello è quello simbolico del rapporto con l’esterno, con gli altri. Il terzo livello è dato dall’elemento che crea la coesione. Ognuno di noi, giornalmente, deve mettere in equilibrio la propria dimensione fisica, la propria dimensione di coscienza, la propria affettività e la propria capacità di relazione.  La persona è l’armonia in se stessa di queste tre componenti. Dire che la società è fatta di persone, non è abbastanza, perché ogni persona è un cantiere aperto, che viene ridisegnato nei diversi momenti di relazione. Nell’analizzare la società, quindi, non è possibile tralasciare le differenze di ciascuna persona, il rapporto debolezza-forza e l’equilibrio dinamico-tensionale, che spinge ciascuno di noi a non essere sempre uguale a se stesso.  Se ognuno di noi, con se stesso, tutti i giorni, deve avere la pazienza di sopportarsi ed è difficile, così anche le altre persone che ci stanno accanto o che incontriamo possono avere la stessa difficoltà. Se ci soffermiamo soltanto su una delle componenti della nostra struttura personale, senza integrarla con dei valori e con dei significati profondi, non riusciamo a stare accanto.

L’uomo che entra responsabilmente in relazione con l’altro è colui che auspica una vita compiuta, felice, soddisfacente, avendo stima di sé, coscienza, consapevolezza e responsabilità. L’uomo responsabile è felice con e per gli altri, all’interno di istituzioni giuste. Un’istituzione è giusta quando ciascuno può avere quello che è giusto.

Il filosofo spagnolo José Ortega y Gasset usa questo gioco di parole: “ciascuno, ognuno, nessuno”. Nel momento in cui un’istituzione fallisce solo gli amici, è un’istituzione non giusta. Quando un’istituzione fallisce ognuno, perché ognuno è ciascuno, rispettato come cittadino e come uomo, è un’istituzione giusta. L’istituzione deve rendere felici le persone, deve promuovere il bene comune.

Per realizzare questo processo, bisogna far maturare dentro di noi alcune doti, tra cui: l’ascolto, la tolleranza, la sperimentazione, la curiosità. Queste doti sono possibili anche all’interno di una situazione di incertezza, anzi possono trasformare l’incertezza in un progetto da costruire, conoscere per aprirsi a nuove possibilità, al fine di fare una scelta che è capacità di cambiare il modo di collocarsi nel mondo, capacità di porsi come persone nei rapporti umani, maturando competenza e divenendo protagonisti, co-attori del processo di vita condiviso con la consapevolezza di non essere in questo processo l’unico riferimento.

Per ricostruire la trama relazionale della persona nella comunità, tutti hanno una responsabilità simmetrica (agire con) e asimmetrica (diversità di ruolo e di funzione), in senso verticale e orizzontale, avendo cura del mondo in cui si è immessi.  Per andare nella stessa direzione, per raggiungere lo stesso obiettivo, per poter costruire una coesione, ognuno di noi deve sacrificare qualcosa per favorire l’anonimo condiviso. Heidegger, un grande pensatore del Novecento, afferma: “ogni scelta impone una decisione”. De-cidere significa tagliare, abbandonare qualcosa.

Sulla base di quanto detto finora, il Prof. Piazza conclude la lezione precisando che la società è quel tra-personale, che si riconosce come spazio comune su cui reciprocamente si costruisce e si garantisce la fiducia.

Chiude il suo intervento, ponendo due interrogativi:

1) Poiché la persona è una struttura relazionale, che non esiste mai da sola, può dirsi società?

2) La qualità delle relazioni basta solo per affinità o c’è bisogno di qualcos’altro?

Agata Abbamondi

Patrizia Lombardi

Ada Mancinelli

Società persona di persone- Prof. O.F. Piazza

 

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