Emozioni e relazioni affettive

di Emma D’Agostino

grafica di Alessandra Sanzari

Studentesse IIS Telesi@

Durante l’incontro del 26 febbraio 2022, relativo al percorso di educazione socio-affettiva, organizzato dal CSS Bachelet, il Prof. Domenico Bellantoni (psicologo-psicoterapeuta, Presidente ALAEF, docente dell’Università Salesiana di Roma) ha affrontato il tema “Cosa provo? Emozioni e relazioni affettive.”

Il relatore ha proposto un viaggio tra le emozioni e l’importanza delle relazioni, soprattutto affettive, durante il quale è emerso che, nel misurarsi con gli altri, l’io si rafforza perché, se non ci fosse il tu non ci scopriremmo così come siamo. Ci spostiamo, pertanto, nel mondo delle relazioni interpersonali. Quando si parla di emozioni si tende a far riferimento alla competenza emotiva e affettiva.

Cosa intendiamo per competenza emotiva? Riconoscere le proprie emozioni.

“Mi ha emozionato o non mi hai emozionato”, dovremmo andare oltre questa affermazione, dovremmo riuscire a dare un nome alle emozioni. Tutto può emozionarci ma la risposta ad uno stimolo dipende anche da quale emozione è in gioco. Il primo aspetto di questa competenza, quindi, è riconoscere le emozioni, non solo quando diventano esplosive ma al loro nascere, perché prima riconosco le emozioni e prima imparo a gestirle, a regolarle. Ci sono manifestazioni socialmente accettate e altre che non lo sono, per cui regolare le emozioni significa saper comunicare ciò che si prova.

Una persona competente da un punto di vista emozionale riconosce e regola la sua emozione, la comunica e la elabora: le emozioni non sono giuste o sbagliate ma adeguate o non adeguate ai contesti.

  • Riconoscere le emozioni: le emozioni sono attivazioni fisiologiche ma dobbiamo imparare ad etichettarle.

Le fondamentali sono quattro, secondo uno schema emozione-situazione-tempo: rabbia(ingiustizia-presente); paura (pericolo-futuro); tristezza (perdita-passato); gioia (agio-comprensivo).

La rabbia non è un’emozione sbagliata, è assolutamente adeguata quando la nostra percezione è di una situazione di ingiustizia. “Non devo arrabbiarmi” significa introdurre una disfunzione in un sistema che funziona bene. Posso parlare con la persona e portarla a modificare la sua percezione di giustizia (canalizzazione della rabbia: imparare ad agire la rabbia in un canale accettabile all’interno della società umana). La rabbia ha a che fare con il tempo presente. L’essere arrabbiati con il passato si chiama risentimento ed è una disfunzionale perché non si è orientati al presente. La paura invece è rivolta al futuro, se sana. Finché percepisco un pericolo devo provare paura. Qual è la funzione della paura? Quella di avvertire che c’è un pericolo e prepararmi al fronteggiamento (la paura è sana quando rimanda a un pericolo realistico, diverse sono la fobia e l’ansia). Nel caso della paura l’oggetto c’è ed è effettivamente pericoloso; nel caso della fobia, ci si spaventa di qualcosa che non è in realtà un oggetto pericoloso, ecco perché è disfunzionale. Con l’ansia la persona ha paura ma non sa di che cosa e quindi, non avendo ben chiaro l’oggetto della paura non sa come fronteggiarla (provo paura, prendo consapevolezza del pericolo poi decido se affrontarlo o evitarlo). La tristezza è la reazione umana adeguata all’esperienza di perdita di qualcosa di caro o di significativo. Questa emozione, per essere adeguata deve essere rivolta al passato. Molto importante è anche quella che comunemente definiamo emozione positiva: la gioia, come situazione di agio. Ho elaborato le perdite del passato, mi sento preparato a fronteggiare i pericoli del futuro e non ho ingiustizie che mi pressano nel presente. Da questo punto di vista la felicità è fatta di attimi, nel senso che è molto più frequente provare tristezza, rabbia e paura che non essere felici perché la rabbia, la tristezza e la paura dinamicamente, continuamente ci informano di quello che stiamo vivendo. La felicità non genera condotte di dipendenza.

  • Regolare le emozioni: situazioni concrete che suscitano reazioni fisiologiche e pensieriche ci portano a dei comportamenti.

L’emozione non va subita e pertanto non ci agisce, né va agita, ma va modulata e utilizzata in funzione del raggiungimento di un obiettivo consapevole. L’attivazione fisiologica accompagna lo stato di attivazione emotiva, come nelle situazioni-reazioni fisiologiche-pensieri-comportamenti. Ad esempio, rimanere sbigottito, fuga, evitamento, freezing. Dobbiamo imparare a dialogare con noi stessi e a sostituire i pensieri negativi con i pensieri positivi. Meglio occuparsi delle cose che preoccuparsi di esse.

  • Comunicare le emozioni: per verbalizzare le emozioni si ricorre alla comunicazione espressiva o rappresentativa. Nel comunicare rappresento il mio stato d’animo.

L’ emittente genera:

  • comunicazione descrittiva o constativa;
  • comunicazione espressiva o rappresentativa;
  • comunicazione regolativa o di feedback (critica costruttiva, parte sempre dalla comprensione, captatio benevolentiae)

E’ Importante sintonizzarsi sulla sensibilità del ricevente.

La critica distruttiva si concentra sulla persona, etichetta oppure generalizza, parla al passato e punisce. La critica costruttiva, invece, si concentra sul problema ed è specifica, non si focalizza sulla persona ma sul comportamento, si concentra sul presente, insegna e sostiene, si propone anche di aiutare l’altro a cambiare comportamento.

Il ricevente si attiva per ascoltare le emozioni e le esperienze. Mi ascolto e chiedo ascolto; entro in empatia con chi ho davanti.

Che cosa significa entrare in empatia? Mettersi nei panni altrui. Non “io al tuo posto”, ma “se io fossi te”. Mi svesto della mia condizione e mi vesto della tua condizione, mi immedesimo nell’altro e non mi sostituisco.

  • Dichiaro l’emozione-il come mi sento-il cosa provo.
  • Manifesto che cosa penso dichiarando il mio punto di vista, non assoluto, chiedo feedback.

La nostra esperienza è sacra ma non è generalizzata.

Le emozioni sono diverse dai sentimenti. Qual è la differenza? L’emozione è qualcosa di puntuale e istantaneo, i sentimenti vanno allenati. Si cresce nella vita emotiva e si passa dal provare emozioni al provare sentimenti. Un ruolo preminente è attribuito alla responsabilità, alla capacità di scegliere una fra le diverse opzioni: amore, cura, durata, oppure consumo, volatilità, desiderio.

Le emozioni vanno sperimentate ma non agite. Ci si comporta, in questo ambito, secondo tre livelli:

  • Ab-reagire un’emozione
  • Re-agire a un’emozione
  • Agire in presenza di un’emozione, rispetto al mio grado di riferimento di persona e valori

Per ciò che concerne l’attrazione sessuale, il dott. Bellantoni fa riferimento alla visione di  Viktor Frankl, che la declina secondo tre livelli:

  • Livello biologico – attrazione fisica;
  • Livello psicologico – attrazione erotica;
  • Livello spirituale – attrazione per amore.

I primi due livelli non possono sostenere un rapporto di coppia progettuale ma bisogna collocare l’amore ad un livello spirituale, profondamente umano.

Dire “ti amo“significa dire “Tu“ e dire “Sì” all’altro.

Anche nella gestione degli affetti, delle emozioni, dobbiamo pensare che come esseri umani perseguiamo un senso, uno scopo nella vita, abbiamo dei valori che ci ispirano dei significati e le decisioni che prendiamo dovrebbero essere coerenti con il nostro progetto di vita. Il partner è una persona, con una dignità di essere umano. Bisogna, pertanto, amare la persona concreta, ciò che rappresenta e non i progetti su di essa:  ogni persona è insostituibile!

 

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