Prolusione del Laboratorio di formazione sociale CittadinanzAttiva 2011-2012 “La Costituzione: il legame tra le generazioni”

Il giorno 8 ottobre 2011, alle ore 16:00, presso il Palazzo del Genio in Cerreto Sannita, il Centro Studi Sociali Bachelet ONLUS della Diocesi di Cerreto – Telese- Sant’Agata dei Goti ha inaugurato il VII Corso di “CittadinanzAttiva” dal titolo: “Senso comunitario e dialogo tra generazioni”. Per la Prolusione è intervenuto sul tema “La Costituzione: il legame tra le generazioni” il Prof. Pier Paolo Forte, docente presso l’Università del Sannio.

Apre l’incontro il Presidente del CSS Bachelet ONLUS, Prof. Orazio Francesco Piazza, il quale precisa che gli incontri frontali previsti da calendario sono cinque ed interessano alcuni segmenti dell’esperienza della persona umana in relazione alla società, l’alfabetizzazione dei sentimenti e delle emozioni. L’idea di fondo è quella di approfondire la tematica della qualità delle relazioni nell’incrocio generazionale, al fine di rendere positivo e virtuoso l’incontro con i soggetti sociali. Ecco perché, afferma il Presidente, il corso di quest’anno ha una particolare qualità: la selezione di giovani, che, con motivazione e impegno, affrontano tematiche da  approfondire e rielaborare durante i laboratori multilevel. Attraverso questi laboratori, i giovani diventeranno i veri protagonisti di una traduzione concreta dell’esperienza di confronto intellettuale con i docenti universitari che parteciperanno. In quest’ottica, la borsa di studio”Erminio Ciancio” continua sotto un’altra formula, cioè con l’elaborazione di un progetto di sintesi dei vari multilevel, che insieme alle relazioni dei docenti, darà vita ad una pubblicazione, sponsorizzata dall’Assessorato alla Cultura della Provincia di Benevento. Anche il Provveditore agli studi, conclude il Presidente, ha manifestato un forte entusiasmo per il corso CittadinanzAttiva.

Ringraziando l’Amministrazione Comunale di Cerreto Sannita per la disponibilità e la collaborazione, il Prof. Orazio Francesco Piazza cede la parola all’Assessore Vincenzo Di Lauro, il quale sottolinea come il Comune di Cerreto sia sensibile alle questioni legate alla cultura e alla formazione, nonostante i tagli da parte degli enti maggiori. Evidenzia l’importanza, nonché la necessità di formare una nuova classe dirigente, che sappia rappresentare le esigenze dei territori. Questa nuova classe dirigente, afferma l’Assessore Di Lauro, nasce dal basso, principalmente dai giovani e da momenti di riflessione utili.

Al termine dei saluti e dei ringraziamenti,  prende la parola l’ospite dell’incontro, il Prof. Pier Paolo Forte, il quale inizia il suo intervento chiedendosi: se e quanto la Carta Costituzionale può essere uno dei fattori che assicura continuità al tempo e alla successione tra le generazioni, dando per scontato che questo in parte è già avvenuto.

Per rispondere, propone alcune riflessioni.

La Costituzione è un documento politico perché costituisce, per varie ragioni, una base transattiva tra varie posizioni, visioni, aspirazioni, interpretazioni della realtà, della dimensione della convivenza. Ogni Costituzione moderna ha un senso e viene normalmente trattata come un documento politico con cui le forze della collettività dichiarano ciò che sono, ciò che intendono essere e come questa distanza tra ciò che sono e ciò che intendono essere può essere colmata. In altre parole, la Carta Costituzione fornisce gli strumenti con cui politicamente si potranno prendere decisioni affinché i valori concordati e posti a base della convivenza possano trovare effettiva realizzazione.

L’aggettivo “politico”, quindi, non riguarda soltanto le diatribe a cui ci stiamo abituando. La sostanza della politica dovrebbe far riferimento ad un periodo di tempo lungo. In tal senso, il Prof. Forte ricorda una famosa frase della politologia statunitense, attribuita ad un noto Presidente della prima metà del Novecento, il quale distingueva il Politico dallo Statista, affermando che il Politico pensa alle prossime elezioni, mentre lo Statista pensa alle prossime generazioni.

Il senso più profondo della politica sta nella capacità, non di tutti, di scrutare ciò che sta succedendo e quindi di avere un governo cognitivo della contemporaneità. Fare questo, quando tutto è in movimento, tutto è energico e mobile, è molto difficile da un punto di vista intellettuale, in quanto il rischio di errore è molto alto. Sarebbe più semplice sistemare ciò che si è già acquietato in quanto proveniente dal passato e di conseguenza, si presenta in termini più fermi, più registrabili.

Scrutare ciò che sta accadendo è tuttavia indispensabile se si vuole fare un vaticinio su ciò che accadrà e assumersi la responsabilità di provare a fare qualcosa per indirizzare ciò che accadrà nel senso che s’intende perseguire.

A tutto questo giova un documento di natura costituzionale.

Ogni essenza umana, probabilmente ogni essenza ha una sua costituzione. Una Costituzione può avere diverse forme. Una di queste è l’essere dichiarata. Quando una base costitutiva deve riguardare più di uno, le possibilità per dichiararla e per renderla visibile sono sostanzialmente due: 1) la dominanza dell’uno sull’altro; 2) la transazione, l’accordo. Ciò che accadde tra il 1946 e il 1947 fu un accordo tra persone che venivano da esperienze e avevano prospettive molto distanti, assai più di quelle che separano oggi le parti politiche contrapposte. In Assemblea Costituente, si trovarono a sedere persone che non solo provenivano da un ventennio molto differente (c’era gente che aveva avuto esperienze terribili, altri che invece avevano continuato a vivere la loro vita nel paese in una dimensione più o meno compatibile con il ventennio alle spalle), ma avevano di fronte delle prospettive diverse. Basti pensare da un lato alla figura di Giorgio La Pira, proveniente da ambienti cattolici vivaci, dall’altro a Palmiro Togliatti, un uomo che sedeva nel Comitato centrale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica.

Questi due uomini si sono confrontati più volte durante i lavori dell’Assemblea Costituente, ma in una circostanza in particolare questo dialogo fu straordinariamente fecondo ed esemplare. Quando si stava discutendo di una proposta, che sarebbe poi diventata l’art. 2 della nostra Carta Costituzionale, Giorgio La Pira si fece portatore del classico approccio della dottrina sociale della Chiesa in base al quale il centro di tutto è la persona. Il resto è sussidiario. In altri termini, la persona è dotata da Dio di strumenti tali per dare qualità alla propria vita. Tuttavia, nell’ambito della convivenza, ci sono casi e modi, per i quali questi strumenti possono essere insufficienti. In queste circostanze, la convivenza e le istituzioni che essa genera devono intervenire sussidiariamente per adiuvare e fornire ciò che manca per giungere alla qualità della vita.

Naturalmente, questa sintesi era del tutto diversa dall’idea di Palmiro Togliatti, secondo cui il centro di tutto è la decisione collettiva, alla quale il singolo, la singola persona deve obbedienza perché, solo attraverso la dinamica e l’energia della collettività, è possibile raggiungere l’uguaglianza fra tutti.

Giorgio La Pira fece il suo discorso e poi tacque. Palmiro Togliatti fece un intervento breve e disse: “se dovessi essere pedissequo alla dottrina marxista, lo Stato è una sovrastruttura destinata ad essere spazzata via in futuro, assieme alla separazioni in classi, alla superiorità di alcune classi e al dominio dell’uno sull’altro. Quando, dunque, tutto questo sarà avverato e non ci saranno più queste sovrastrutture che ostacolano l’uguaglianza tra gli uomini, ciò che rimarrà sarà la persona. Pertanto, posso concordare sul fatto che possiamo mettere come obiettivo nella Costituzione la centralità della persona.” “Che transazione! Che moto dell’uno verso l’altro!”, sottolinea il Prof. Forte.

In quegli anni, quando la Costituzione veniva discussa, a Napoli uscì una canzone il cui ritornello recitava: Chi ha avut, ha avut, ha avut…chi ha rat, ha rat, ha rat…
scurdámmc ‘o ppassato, simm’e Napule paisá!…

Il significato di questo ritornello è il seguente: e’ ovvio che ciascuno di noi ha un passato, che può essere greve o lieve, però in un momento di svolta per costruire un paese e una collettività, dobbiamo dimenticarlo.

Il filosofo John Rawls, che ha studiato più di altri la giustizia, propose di trattarla come equità, con importanti effetti dal punto di vista intellettuale. Tuttavia, ad un certo punto della sua riflessione, parla di atteggiamenti, , definiti da lui “accordi originari”, che si mettono in campo quando nascono e si costituiscono i gruppi umani.

L’accordo originario che suggerisce John Rawls è proprio di questo tipo. Ci sono momenti, quando si fonda una collettività in termini costituenti, in cui se si vuole raggiungere l’obiettivo, bisogna badare solo al futuro. L’atmosfera della generazione del secondo dopoguerra è caratterizzata dalla disperazione, dalla carenza di risorse, dall’assenza di possibilità, incomparabili sul piano materiale con la vita di oggi, eppure carica di speranza e di ottimismo. Non è un caso che di lì a poco si ebbe il boom economico.

E’ un’atmosfera che noi stiamo vivendo in termini esattamente ribaltati. Forse, questo insegnamento proveniente da quella esperienza generazionale, a partire dal dato costituente, dal dato originario di un nuovo momento, può essere, secondo il Prof. Forte, la prima lezione a proposito di legame generazionale.

Grazie a questo atteggiamento nacque dal documento costituzionale qualcosa che va ben oltre il diritto: programmi oltre alle norme, valori oltre alle ideologie, meccanismi che consentono adattamento nel tempo. Uno dei caratteri delle Costituzioni è infatti scommettere che durino più di quanto durino normalmente le norme giuridiche.

Partendo dall’assunto di Einstein secondo cui il tempo è un piano inclinato e quindi più va avanti, più accelera il processo di cambiamento, il Prof. Forte afferma che dobbiamo allontanarci dall’idea in base alla quale i cambiamenti intercorrono di generazione in generazione,  per cui il padre può trasmettere al proprio figlio l’armamentario della sua esperienza che gli sarà utile per fare degli avanzamenti e per consegnare, a sua volta, ai propri nipoti, un armamentario aggiornato. Oggi, al contrario, si nasce in un’atmosfera sociale, si diventa adulti in un’atmosfera sociale già modificata e si rischia di vivere una vecchiaia lunga in condizioni differenti. In questo quadro, si innesta la Carta Costituzionale che, dovendo sfidare il tempo e proponendosi, sin dall’origine, come un documento capace di generare unioni, agganci tra le generazioni, è tecnicamente costruita con dei meccanismi che consentono l’adattamento. La Carta Costituzionale, infatti, è un documento che contiene dei limiti, delle regole, impedendo così ai poteri di fare tutto ciò che vogliono, ma allo stesso tempo è anche e soprattutto un istituto della dinamica, congegnato per fare in modo che, sotto il suo ombrello, la società cammini, si muova, cambi e si adatti, persino per effetto delle stesse disposizioni costituzionali.

Negli anni ’60, esisteva una legislazione, risalente agli inizi del ‘900, la quale stabiliva che il figlio di una madre italiana non fosse automaticamente italiano, mentre lo era, jure sanguinis, il figlio di un italiano. La norma fu portata, sempre in quel periodo, davanti alla Corte Costituzionale, un luogo dove viene verificato se le decisioni pubbliche che chiamiamo leggi siano o meno compatibili con la Costituzione. In merito, la Corte non si pronunciò in modo contrario. All’inizio degli anni ’70, la stessa norma, che era ancora in vigore, fu portata nuovamente davanti alla Corte Costituzionale, che questa volta si pronunciò in modo contrario, facendo riferimento all’art. 3 della Costituzione (principio di uguaglianza), il quale al comma 1 sancisce che non possono esserci discriminazioni basate sul sesso. Da questo momento, i figli degli italiani diventano automaticamente italiani. A questo punto, sorge spontaneo chiedersi: “Se l’art. 3 della Costituzione esisteva già negli anni ’60 e la legge sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale era la stessa, perché le sentenze sono state opposte? Cos’è successo?”

Si sono verificate due condizioni: 1) è cambiata la società, la percezione dell’uguaglianza comincia ad essere attiva nella nostra collettività; 2) la Costituzione contempla un meccanismo tecnico in base al quale il giudice costituzionale cambia continuamente (i membri della Corte sono quindici con un mandato che dura nove anni). Questo cambiamento consente alla Corte Costituzionale di tenere i fari accesi continuamente  sulle dinamiche che avvengono all’interno della società, di percepire i movimenti che accadono, pur continuando ad innalzare l’efficacia dei valori costituzionali e a farli penetrare, senza traumi, all’interno del tessuto sociale.

I luoghi della dinamica nella nostra Carta Costituzionale sono rappresentati: dalla Corte Costituzionale e dai giudici; dalle istituzioni formali, alimentate dai partiti politici (i partiti politici dovrebbero essere quei luoghi dove si percepiscono i movimenti della società e gli adattamenti costituzionali necessari per poi tradurli in decisioni istituzionali); dalle organizzazioni umane, tra cui la famiglia (la famiglia, infatti, è un organo costituzionale perché contemplato esplicitamente dalla Carta Costituzionale come il ruolo costituzionale che le è affidato. Di conseguenza, tutte le dinamiche che sono proprie dei movimenti costituzionali sono anche proprie degli istituti familiari. Dunque, i genitori e i figli sono chiamati, volenti o nolenti, coscienti o incoscienti, a partecipare a questa dinamica), i luoghi della formazione (scuola e università sono presidi costituzionali della realizzazione dei valori costituzionali e della dinamica costituzionale), le associazioni, i comitati, le fondazioni. Facendo riferimento alle associazioni, il Prof. Forte precisa che il Centro Studi Sociali Bachelet ONLUS, attraverso il corso di CittadinanzAttiva, sta realizzando l’art. 9 della Carta Costituzionale: “La Repubblica promuove la cultura, la conoscenza e la ricerca.” In altri termini, il CSS Bachelet ONLUS sta accettando un incarico costituzionale e lo sta traducendo in movimento effettivo.

Avviandosi a conclusione, afferma che motori costituzionali, luoghi della dinamica costituzionale, missionari costituzionali sono anche quelle organizzazioni umane che chiamiamo aziende, imprese. A suo avviso, questa è una tematica un po’ sottovaluta negli ultimi decenni, assieme al loro ruolo di responsabilità nella preservazione e realizzazione di alcuni valori della convivenza, alla dignità del lavoro, all’interscambio tra persone che hanno storie, origini sociali e modalità di vita e di idee diverse, alla capacità produttiva, alla partecipazione ad un fenomeno con il quale si soddisfano bisogni e non solo domande. E’ una dinamica questa che incide sui prezzi, su ciò che è commerciabile e su ciò che non lo è, su ciò che va venduto, su ciò che va svenduto, su ciò che va regalato, su ciò che non va sprecato, sulla responsabilità che abbiamo nel consumare le risorse in relazione alle generazioni future, ecc.

Tutti questi luoghi della dinamica costituzionale sono riassumibili, tuttavia, in una sola parola: gruppi umani fatti di persone. La Costituzione scommette sul fatto che tutto dipende da come sono le persone in un gruppo umano. Il funzionamento, la qualità e l’orientamento del gruppo umano sono direttamente proporzionali a come sono fatte le persone che lo compongono. Più lavoriamo sulla qualità delle persone, più contribuiamo a creare gruppi e luoghi della dinamica costituzionale qualitativamente utili ed efficaci. Secondo il Prof. Forte, è qui che si inserisce il motore costituzionale che lega le generazioni, in quanto ciò che muove la dinamica costituzionale sono i principi. Da qui, si sviluppa la discussione più politicamente orientata, secondo cui i valori sono multipli, ce ne sono alcuni non declinabili, non transigibili, però ce ne sono degli altri transigibili, sui quali si può discutere, dove la convivenza può trovare un luogo di mediazione. Per quanto riguarda le persone, sarebbe bello pensare che al termine di un ciclo di studi, noi sapessimo di aver contribuito a far sì che gli adulti che ne usciranno fossero persone capaci di governare bene la propria dignità e la propria capacità orientandola nella società. Ma non dobbiamo farci illusioni. Uno dei motori dominanti della dinamica costituzionale è fatto di alcune opinioni e di pensieri prevalenti. In ogni società e in ogni epoca, per dirla con Foucault, esiste una specie di modo dominante di vedere le cose, condiviso da molti in maniera più o meno consapevole.

Oggi lo governiamo in maniera più pericolosa, ma di sicuro più accurata perché conosciamo abbastanza bene i meccanismi della comunicazione, i modi con cui si forma l’opinione pubblica e abbiamo degli strumenti straordinariamente penetranti che possono lavorare su questo.

Concludendo, il prof. Forte precisa che la qualità delle dinamiche e dei motori costituzionali, nonché dei legami generazionali è facilitata se vengono ben oleati 2 elementi di fondamentale importanza: 1) la partecipazione, in quanto i luoghi e i motori della dinamica costituzionale sono collettivi e relazionali, cioè sono necessariamente fatti da più di uno. Pertanto, deperiscono, si inceppano se questi “più di uno” non sono molti; 2) la gran parte di noi partecipa per adesione secondo la dinamica: “si, sono d’accordo, no non sono d’accordo”. Esiste, tuttavia una seconda possibilità, secondo cui gli esseri umani convivono dal punto di vista sociale con alcuni che fanno da punti di riferimento e con altri che ad essi si rivolgono per aderire o per discutere e contestare. Non è mai stato possibile rinunciare al fatto che esistano dei leader, cioè che esistano delle persone dotate di talento, qualità e capacità e che coltivandole continuamente si assumano la difficilissima responsabilità del mettersi accanto. Franco Cassano ha trovato la denominazione più adatta per descrivere questa realtà: “gli esseri umani hanno bisogno di persone verticali, che si assumono la responsabilità, l’onere e il grande rischio di guidare, di trascinare, di spingere e di reggere.” Il suggerimento che lancia il prof. Forte ai ragazzi presenti è il seguente: “scrutatevi, guardatevi, leggetevi dentro, cercate di capire chi siete e quanto siete in grado di assumere o meno queste responsabilità dell’essere persone verticali. A tutti servirà continuare a coltivarsi, a crescere, a curare se stessi, perché questo serve anche per un’utilità personale. Tuttavia, su alcuni di voi graverà qualche responsabilità speciale. Prima ve ne accorgete e prima cominciate a coltivarle, meglio sarà. Se questo accadrà, anche voi diventerete i principali motori dei legami generazionali.”

Agata Abbamondi

Patrizia Lombardi

Ada Mancinelli

Relazione Prolusione 8 ottobre 2011 – Prof. Pier Paolo Forte

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