Don Franco Piazza, affrontando la tematica della libertà da un punto di vista sociale, afferma che l’uomo è la sua libertà. La struttura personale è un delicato ingranaggio. Ogni soggetto costruisce un suo modello, che può essere interpretato secondo una lettura fenomenologica (ciò che si mostra: corpo, coscienza, coscienza delle relazioni), secondo una lettura simbolica (unire esteriorità, interiorità, senso), secondo una lettura logico-formale (interpretazione razionale dell’uomo nel mondo, con se stesso, con l’altro). Il modello personale si forma declinando la libertà: di (decisione), da (liberazione-sciogliere i vincoli), con (condivisione-società), per (progettualità), maturando la capacità di relazionarsi con le differenze, armonizzandole. La delicatezza di questo compito avviene in un contesto complesso e frammentato, segnato da: 1) Relativismo e multiculturalità (difficoltà di dialogo e di contatto effettivo – tendenza all’isolamento, identità, e alla tutela, autogiustificazione); 2) Equivoco dell’autonomia (atomismo: cura del sé; autoreferenzialità e riduzione della sensibilità comunitaria, sociale e civile, a-nomia: “se tu non vuoi, perché impedire che io possa?”), 3) Asimmetria negli “oneri” (tra chi ha riferimenti, doveri precisi, o obblighi, mutuati da valori di fede o altro … e chi non ne ha, può tutto …)
La libertà, in questo scenario, assume il significato di “non avere regole” e viene intesa come trasgressione, nel senso di andare oltre. Libertà, invece, è anche saper dire no a se stessi con una motivazione e una finalità. Costruire le proprie libertà, senza la responsabilità/cura verso gli altri è rendere la propria libertà una prigione. Significa imprigionare la motivazione e la passione vera della propria scelta. È importante considerare un elemento intermedio di convergenza (H.J.Höhn) che, da un lato, non corrisponde semplicemente alle relazioni dei soggetti convergenti, ma che, dall’altro, diventa una terza realtà che si pone di fronte ai singoli come spazio vitale condiviso che permette di qualificare come affidabile la relazione. Se l’unico valore comune è che tutte le differenze hanno uguale dignità, si perde l’accordo sul bene comune che è alla base delle istituzioni di senso. Si cede al: relativismo dei valori, relativismo dei ruoli, relativismo delle istituzioni. Diviene urgente far crescere a tutti i livelli una rinnovata consapevolezza della realtà intrinsecamente relazionale del nostro essere e quindi del valore decisivo della reciprocità CON gli altri. La libertà orientata (di, da, con, per) porta a realizzare l’auspicio di una vita compiuta (stima di sé: coscienza, consapevolezza, responsabilità), con e per gli altri (sollecitudine: reciprocità, riconoscimento, similitudine), all’interno di istituzioni giuste (appartenenza costitutiva). Tutti hanno la responsabilità simmetrica (agire con) e asimmetrica (diversità di ruolo e di funzione)
in senso verticale e orizzontale di aver cura del “mondo in cui si è immessi”.
Per emergere dall’essere folla solitaria, in bilico tra illusione autonomistica e desiderio di affermazione di sé, occorre maturare un retto e vigoroso ideale, con intelligenza e capacità critica. Ciò vuol dire formarsi ad una lineare aderenza agli essenziali ed immutabili principi della libertà e della responsabilità e in pari tempo al senso storico … alla capacità di cogliere il modo nel quale applicare quei principi nel proprio tempo.
Don Franco Piazza conclude con M. De Unamuno, ricordando che:
- “La tua vita è, davanti alla tua coscienza, scopri te stesso nel tuo agire” (71);
- “Che non t’importi il numero di quelli che ti circondano. L’efficacia del tuo agire guadagnerà in intensità quel che perde in estensione” (75);
- “Vivi con gli altri, senza volerti distinguere, perché ogni esaltazione della singolarità esteriore, anziché preservarla, soffoca quella interiore”(77).
Agata Abbamondi
Patrizia Lombardi
Ada Mancinelli