di Mariaester Bertone, Classe Quarta L1 IIS Telesi@
Il quarto incontro del Corso di CittadinanzAttiva, organizzato dal Centro di Studi Sociali Bachelet ONLUS, si è svolto il 24 febbraio ed ha avuto come tema «La concezione e la pratica del sentimento amoroso nella contemporaneità». Relatori d’eccezione stato stati il professore Girolamo Di Gennaro, docente di Sociologia presso l’Università “Federico II” di Napoli e il dottore Giuseppe Bellassai, questore di Benevento.
La riflessione del professore Di Gennaro ha riguardato, in primo luogo, il contributo scientifico della sociologia e dell’antropologia culturale sui vari legami tra gli individui e i gruppi, soprattutto all’interno degli studi sul matrimonio e sulla famiglia.
L’antropologia culturale e la sociologia hanno guadagnato, in tali ambiti, un’ottica approfondita e specialistica, capace non solo di studiare i singoli aspetti delle convinzioni e dei comportamenti dei popoli e dei gruppi sociali, ma anche di rendere disponibili e applicabili le analisi effettuate, a supporto dell’azione di istituzioni e organizzazioni governative nazionali e internazionali. A testimonianza di ciò, valga, per fare un esempio, la funzione svolta dagli studi del professore Di Gennaro sulle organizzazioni criminali campane.
Dall’«atomo di parentela» di Lévi Strauss alle riflessioni di Marvin Harris sulla famiglia statunitense, dagli studi sull’etnocentrismo di Sumner alla fragilità dei legami affettivi di Bauman, si sono delineati i contorni di strutture e norme sociali sistemiche e funzionali, interagenti e dinamiche che non sempre riconoscono all’uomo la libera scelta affettiva. Le restrizioni esogamiche indù che impediscono a persone appartenenti allo stesso gotra di sposarsi, insieme ad altri istituti, quali il levirato e il sororato, rispondono a ragioni sociali, economiche e morali, ma non a criteri di spontaneità e libertà sentimentale.
Del resto, in Occidente, lo stesso istituto del matrimonio, fortemente incoraggiato dal Cristianesimo, ha risposto, a tratti, anche all’esigenza di incanalare la genitalità e la sessualità della coppia nella stabilità di una relazione affettiva solida, significativa per la società ed efficace nelle sue valenze pedagogiche.
Nell’arco di un secolo, sempre in Occidente, il matrimonio “romantico” ha sostituito quello “razionale” e, a sua volta, è stato affiancato da un nuovo tipo di famiglia che si pone come luogo di realizzazione individuale, di legami temporanei, di relazioni sentimentali simmetriche de-istituzionalizzate e de-normativizzate.
E l’amore e la sua pratica in che modo sono cambiati?
L’amore, ha precisato il professore Di Gennaro, è stato studiato soprattutto dalla psicologia e, facendo riferimento al concetto freudiano di pulsione ossia di energia indirizzata soltanto alla propria soddisfazione, egli ha sottolineato la differenza tra genitalità e sessualità, riportandole entrambe alla loro radice di responsabilità progettuale, che, se passa attraverso il corpo e si rende tangibile attraverso la genitalità, si appaga definitivamente nella sessualità, ossia nell’accogliere l’Altro nella sua differenza e interezza, nel dispiegarsi della singolarità irriducibile che, in questo modo, si conferma nella sua valenza insostituibile di apertura alla comunicazione con l’Altro. Il pericolo è quello di una genitalità pervasiva ed esasperata, un’isteria della novità a tutti i costi, che riduce l’essere umano a oggetto di consumo.
Nelle parole del professore Di Gennaro è evidente la singolare coincidenza tra i risultati della riflessione teologica, sociologica e psicologica. Le sue parole rinnovano l’eco vivissima dell’Enciclica “Deus Caritas est” di Benedetto XVI, per il quale l’amore uomo-donna è paradigma tangibile dell’amore di Dio, essendo dono spontaneo e gratuito, non «dodim», non l’amore chiuso in se stesso, insicuro, che non ha il coraggio di fermarsi a svelare l’incognita dell’Altro, ma «ahabà», l’amore estatico, felice perché in viaggio verso una promessa.
L’angoscia generata dall’esibizionismo e dal narcisismo richiama alla mente le tesi di Massimo Recalcati e la sua opera “I tabù del mondo”, in cui, a proposito del tabù della fedeltà, lo psicologo lacaniano sostiene che la nostra epoca «non sa pensare, né vivere l’erotica del legame perché contrappone perversamente l’erotica al legame». Una versione nichilistica della libertà porta ad escludere da essa ogni forma di limite e, per questo, la libertà dell’amore, nel culto del “poliamore”, deve essere assoluta. L’ideologia neolibertina del nostro mondo non comprende che «l’esperienza della fedeltà può essere vissuta come massima realizzazione della libertà», come sguardo rivolto alla particolarità insostituibile dell’Altro, volto, corpo e, nello stesso tempo, trascendenza, in quanto memoria e orizzonte di senso.