Prolusione del Laboratorio di formazione sociale CittadinanzAttiva 2008-2009 “Senso e valore delle regole”

Il giorno 2 ottobre 2008, presso il Palazzo dei Congressi delle Terme di Telese, ha preso il via il quarto Laboratorio di formazione alla sensibilità sociale e civile “CittadinanzAttiva”, un progetto promosso e curato dal Centro Studi Sociali Bachelet ONLUS, della Diocesi di Cerreto- Telese- Sant’Agata dei Goti. L’intento è quello di offrire, soprattutto ai giovani, l’opportunità di approfondire non solo a livello dottrinale, ma anche nell’esperienza di alcuni testimoni, il senso dell’impegno e del dovere legato ai grandi valori.

Apre l’incontro Don Franco Piazza, Presidente del CSS Bachelet ONLUS, il quale, dopo aver salutato l’ospite della serata, il Dott. Gherardo Colombo e tutti i presenti, si sofferma sulla presentazione del corso 2008/2009, precisando che quest’anno si è pensato di strutturarlo in maniera diversa, seguendo le sensibilità maturate nel corso precedente. Non a caso, uno dei temi della scorsa edizione è diventato un piccolo progetto di approfondimento della durata di tre incontri sulla sessualità e sul disagio giovanile. La seconda parte del percorso formativo, invece, riguarda il laboratorio CittadinanzAttiva, che ha una caratteristica nuova: metterà in dialogo stretto i docenti con il gruppo di giovani che sceglieranno di iscriversi ed avrà una durata biennale, in quanto riuscire a maturare in più anni i fondamenti dell’etica sociale e le contestualizzazioni dei valori sociali, favorisce una più corretta crescita della propria coscienza civile. Ecco perché i destinatari sono le classi terze e quarte di un istituto di istruzione superiore. Il corso CittadinanzAttiva, afferma il Presidente, comincia a prender corpo secondo profili più impegnativi, poichè non si limita al semplice ascolto da parte dei giovani, ma li rende protagonisti attraverso le sollecitazioni dei docenti che verranno; docenti di prestigio accademico, in prevalenza provenienti dall’Università del Sannio. Avviandosi a conclusione, introduce il tema dell’incontro: “Senso e valore delle regole” e presenta il Dott. Gherardo Colombo, già Magistrato impegnato a Milano nel Pool di Mani Pulite ed oggi autore del libro “Sulle regole”.

La parola passa a S.E. Mons. Vescovo, moderatore del corso, il quale saluta i presenti e  sottolinea che la Chiesa deve essere al servizio di tutti ed in modo particolare di coloro i quali hanno maggiormente bisogno dell’amore del Signore. Non bisogna limitarsi, quindi, soltanto alla predica del Vangelo, piuttosto, è necessario praticarlo attraverso gesti concreti, che diventano espressione di quell’amore e di quella gratuità che la Chiesa pone in essere in ogni sua azione. Come la Chiesa ha fatto nel corso dei secoli, anche il Css Bachelet ONLUS della Diocesi di Cerreto- Telese- Sant’Agata dei Goti, nato con il patrocinio dell’Università del Sannio e il Provveditorato agli Studi di Benevento, sta svolgendo un lavoro di supplenza nella formazione all’impegno sociale e politico, che invece spetterebbe ad altre agenzie del territorio. Rimpiange i vecchi tirocini che bisognava svolgere per arrivare a ricoprire dei ruoli istituzionali e denuncia  la scarsa competenza di quelle figure che occupano un posto di prestigio nel panorama politico del nostro Paese. Ricorda la Festa di San Tommaso Moro, Patrono dei Politici e dei Governanti, un’altra iniziativa del CSS Bachelet ONLUS finalizzata alla formazione e valorizzazione del nostro territorio attraverso lo studio di personalità che da esso provengono e che si sono contraddistinte per impegno morale. Conclude il suo intervento, affermando che stiamo vivendo un periodo caratterizzato dall’emergenza educativa; in quest’ottica la formazione è indispensabile per assumere con consapevolezza e responsabilità dei compiti nella società. Ringrazia il Dott. Colombo per aver accettato l’invito e tutti coloro i quali operano nell’ambito della giustizia, compiendo ogni giorno il proprio dovere.

Prima di entrare nel vivo della serata, si procede con la premiazione dei vincitori della Borsa di studio Erminio Ciancio, dedicata alla memoria di un giovane, pieno di vita, amante della vita, della società e dei valori praticabili dai giovani; quella spigliatezza, sensibilità e freschezza che tante volte può essere patinata da atteggiamenti che ai più, agli adulti, sembrano estranei e lontani.

Don Franco Piazza invita a salire sul palco, il prof. Gaspare Lisella, uno dei membri della Commissione che si è occupata di valutare gli elaborati presentati, il quale, dopo aver proceduto con i saluti e i ringraziamenti, dà lettura delle motivazioni che hanno consegnato i seguenti tre premi:

Primo premio: Ada Altieri della Classe IV D del Liceo Scientifico di Telese Terme con uno scritto dal titolo “Sulle tracce dell’io. Riflessioni e cronache in onore di Vittorio Bachelet”(…) di cui si riporta un estratto: (…) La felicità si muove fluente e carezzevole sull’onda dell’imprevisto e lascia assaporare l’ebbrezza di un nanosecondo, per poi riavvolgersi su se stessa, come una sorta di spirale esoterica. Sembra assurdo poter parlare di felicità nel mondo odierno, ma non è forse più impensabile correre inesorabilmente verso il non-essere o vivere al di là del palcoscenico in attesa che qualcuno prenda il nostro posto e indossi la nostra maschera? Il tempo e lo spazio che ci separano dal raggiungimento della meta tanto agognata non possono e non devono essere intesi come un diniego categorico, un oceano sconfinato senza presenza, né luce alcuna bensì come un “conatus”, una forza viva, che affondi le sue radici nella nostra ineguagliabile personalità e che si protenda, come una mano invisibile, all’infinito. (…)

Secondo premio: Mara Alonzo, Andrea Fiorillo, Ludovica Di Cerbo, Eleonora D’Occhio, Bernardina Ferrucci, Laura Franco, Marzia Maturo, Valentina Moriello, Vincenzo Urbano della Classe III D Liceo Scientifico di Telese Terme, con uno scritto dal titolo “Ripensare la soggettività nella responsabilità”;

Terzo premio: Antonella Barbato della Classe III A del Liceo Scientifico di Telese Terme, con un quadro dal titolo “Oltre i diritti…la responsabilità”: un’ interpretazione della Costituzione italiana tra luci e ombre, ma soprattutto la grande speranza di una gioventù che aspira al suo futuro.

Evidenziando la qualità della Scuola del nostro territorio, Don Franco Piazza comunica che il Laboratorio di Formazione CittadinanzAttiva rientra nel Progetto Regionale “Scuole Aperte” e, pertanto, è svolto in collaborazione con l’ITCG “Marzio Carafa” di Cerreto Sannita, rappresentato nella figura della Dirigente Scolastica Bernarda De Girolamo, la quale prende la parola e ricorda che per favorire lo sviluppo di una società civile e formare cittadini attivi è fondamentale educare i giovani alle regole e avvicinarli alle istituzioni. Oggigiorno, nel mondo giovanile si sta maturando un senso di sfiducia diffuso nei confronti delle istituzioni, causato probabilmente dall’incidenza dei mass media nell’evidenziare soltanto ciò che di più negativo accade. Tuttavia, perdere la fiducia nelle istituzioni, significa  far crescere un popolo senza regole. Il compito della scuola è sì garantire la trasmissione della conoscenza ma ancora più importante è la sua missione, cioè quella di creare menti libere, personalità autonome ed equilibrate, che sappiano provare amore per le cose belle, il piacere di pensare in modo critico e l’entusiasmo per i progetti futuri.

Cedendo la parola al Dott. Colombo, Don Franco Piazza torna a parlare di regole facendo riferimento a due grandi filosofi:

Vladimir Jankélévitch, il quale afferma che “quando si parla troppo di una cosa, è perché questa non la possediamo più. Abbiamo bisogno di riportare all’attenzione ciò che non ci appartiene più.” Ciò significa, precisa Don Franco, che le regole le abbiamo ormai messe dietro le spalle ed è drammatico.

Heidegger, il quale sostiene che: “come per l’etica così anche per tutte le altre questioni sociali noi vorremmo ridurle ai nostri bisogni, renderle di parte e quando vogliamo rendere di parte le regole, l’ordinamento sociale non funziona più. Le regole fanno riferimento ai principi e quelli dobbiamo amarli prima ancora di esercitare  la pressione delle regole.”

Il Dott. Colombo sottolinea che le regole sono uno strumento attraverso il quale si sta insieme. Attraverso lo stare insieme, ciascuno di noi cerca di trovare il meglio possibile nella società in cui vive. Perché le regole siano fatte in un modo piuttosto che in un altro, è necessario che le persone alle quali si riferiscono, siano in sintonia, le accettino e le condividano.

Soffermandosi sul titolo dell’incontro, “Senso e valore delle regole”, si pone alcuni interrogativi:  le regole hanno senso nello stesso luogo? è indifferente un sistema di regole, di leggi piuttosto che un altro? c’è qualcosa che le qualifica? Le regole e le leggi sono sempre uguali?

Nel rispondere, il Dott. Colombo precisa che le leggi non hanno sempre lo stesso senso. Ciò dipende dal periodo di riferimento. In passato esistevano leggi secondo cui il re poteva punire con il taglio della mano tutti coloro i quali rubavano; nel 1938, vengono emanate le cosiddette leggi razziali, che proibivano ai bambini ebrei di andare a scuola. Oggi non è più così. Qualche volta le leggi che noi consideriamo ingiuste, ai loro tempi erano considerate giuste. A questo punto sorge spontaneo chiedersi: Come facciamo a sapere quando il contenuto delle leggi è giusto o ingiusto?

Fino a pochissimi anni fa la società era organizzata in modo che esistesse la schiavitù. Tutto è cambiato il 2 giugno 1946, data in cui in Italia si svolse il primo referendum istituzionale, che portò gli italiani a scegliere tra Repubblica o Monarchia. Il voto, per la prima volta, fu a suffragio universale, cioè venivano incluse anche le donne.

Poiché quando si vota, si scelgono le persone che faranno le leggi, fino ad allora le donne avevano subìto le leggi, in quanto venivano fatte da persone che curavano gli interessi dei soli uomini chiamati a votare.

Prima che arrivasse il 2 giugno 1946, la società era di tipo verticale, organizzata secondo una scala gerarchica, costituita da una parte alta che poteva tutto, una parte bassa che non poteva niente ed una parte centrale che più poteva meno doveva, se si avvicinava alla parte alta oppure più doveva e meno poteva, se si avvicinava a quella bassa.

Il 2 giugno 1946, si è anche votato per scegliere chi avrebbe scritto la Costituzione Italiana. Per la prima volta si cominciava a riempire le leggi di un contenuto diverso e il termine giustizia di un significato diverso. La parola giustizia, infatti, nel periodo in cui esisteva la schiavitù, quando le guardie rincorrendo un ladro potevano anche ammazzarlo, quando le regole e chi era chiamato a far osservare le leggi proibivano ad una determinata categoria di persone di fare delle cose, era sinonimo di discriminazione, garanzia e tutela delle differenze, diversa distribuzione di diritti e doveri. Con l’emanazione della Carta Costituzionale, invece, la parola giustizia acquisisce una connotazione opposta rispetto a quella che esisteva in passato. Perché?

Partendo dal presupposto che la società di tipo verticale, cioè la netta distinzione tra chi comanda e chi ubbidisce, esiste da quando è nata l’umanità, il cambiamento è stato dettato dagli eventi che hanno caratterizzato i primi anni del XX secolo. Nei primi 50 anni del Novecento, infatti, le due guerre mondiali, insieme alla Shoah e allo scoppio di due bombe atomiche, hanno causato migliaia e migliaia di morti. Improvvisamente, tra la popolazione mondiale si è cominciata a diffondere l’angoscia di vivere con la prospettiva che tutto questo si ripetesse. Ecco perché si è pensato di dire basta e di optare per un rinnovamento radicale. Se precedentemente la persona era considerata uno strumento, adesso si comincia a considerare le persone come un valore, determinando una rivalutazione del termine giustizia, che non vuol dire più discriminazione, che come si è visto provoca urti, disfunzioni e tragedie, bensì pari opportunità.

In altri termini, la nostra Costituzione pone al centro la persona e riconosce che ciascun essere umano ha diritti fondamentali e che tutti sono uguali di fronte alla legge, cioè hanno le stesse possibilità. Tutti possono muoversi liberamente ed esprimere le proprie opinioni. Tutti hanno il dovere di istruirsi, perché dalla società si prende, ma è anche necessario dare e se non si è istruiti non si può dare niente. Ognuno di noi ha il proprio diritto che, però, concorre con quello degli altri. Pertanto, le regole servono per far sì che ciascuna persona sia effettivamente un valore e sia rispettata.

Se è vero che la Costituzione si basa sul riconoscimento universale dei diritti fondamentali e sancisce  che tutti sono uguali davanti alla legge, perché si ha la percezione che la legge in Italia non sia uguale per tutti? A questa domanda, il Dott. Colombo risponde riconoscendo la furbizia come causa principale di questo malessere, che non riguarda soltanto la mafia e la camorra ma anche e soprattutto la politica ed ogni altro ambito della vita sociale. Se ciò che succede all’interno della società non corrisponde ai principi sanciti dalla Costituzione, è perché i cittadini non osservano le regole.

La responsabilità di tutto questo, quindi, è nostra, perché non rispettiamo le regole. Dato che è il nostro comportamento che decide, se non osserviamo le regole che ci farebbero uguali davanti alla legge, pur nelle nostre immense diversità personali e di percorso, allora siamo noi che alimentiamo la società verticale. A ciò si aggiunge, la tendenza a guardare soltanto all’immediato senza riuscire a vedere in prospettiva le conseguenze che un comportamento irresponsabile può determinare, non soltanto per me ma anche e soprattutto per l’altro, e la tendenza a non voler rinunciare ai privilegi, nonostante questi danneggiano.

Proseguendo nella discussione, il Dott. Colombo introduce il tema della libertà personale e sottolinea come alcune persone, pur credendo che la libertà sia importante, preferiscono essere sottomesse.

Facendo la differenza tra persona libera, che è colei che può scegliere e non libera, che invece è  colei che non può scegliere, precisa che chi sceglie deve rispondere, cioè è responsabile della scelta che ha fatto. Spesso, però, molte persone hanno paura di dover rispondere e di conseguenza preferiscono rinunciare alla propria libertà. Come se non bastasse, vogliamo tutto subito, dimenticando di essere umani e in quanto tali avere dei limiti incredibili, tra cui ricordiamo la nostra lentezza nel fare le cose, nel pensare e nel cambiare atteggiamento. Non abbiamo pazienza. Contribuisce, inoltre, a spingere verso una società verticale anche l’emergenza di sentirsi sicuri. Poiché la sicurezza dipende da un sentimento di paura, che da una parte può essere gestita, dall’altra parte non dà la possibilità di rispondere con il ragionamento, per avere sicurezza, rinunciamo a parti forti della nostra libertà; in altri termini ci sottomettiamo per avere meno paura. Tutto ciò ci impedisce di andare verso una strada in cui ciascuno ha le stesse possibilità, ha diritti analoghi a quelli degli altri. Tuttavia, il fatto che esista questa resistenza, non vuol dire che noi dobbiamo cercare di fare la nostra utilità.

Avviandosi a conclusione, il Dott. Colombo afferma che una volta fatta la scelta di vivere in una società orizzontale, bisogna essere coerenti con la scelta fatta. E la prima coerenza è esserci, cioè partecipare, assumersi le proprie responsabilità. Dopotutto, se vivere significa percorrere una strada per arrivare a qualcosa, il doversi muovere, il dover partecipare, il dire la propria, corrisponde a vivere. Ora, la scelta di fondo è vivere la propria vita o farla vivere dagli altri. Termina, augurando a ciascuno dei presenti di riuscire a cogliere l’importanza del vivere la  vita propria.

Agata Abbamondi

Patrizia Lombardi

Ada Mancinelli

Senso e valore delle regole (Relazione Dott. Gherardo Colombo)

 

 

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