CittadinanzAttiva 2007-2008. Incontro sul tema “Responsabilità e pace”. Relatore: Prof. Francesco Dandolo

Il giorno 8 marzo 2008, in occasione dell’ottava lezione del Laboratorio di formazione sociale CittadinanzAttiva, organizzato dal Centro Studi Sociali Bachelet ONLUS, è intervenuto, sul tema “Responsabilità e pace sociale”, il prof. Francesco Dandolo, docente all’Università Federico II di Napoli.

Il prof. Dandolo apre la lezione, precisando che il suo intervento sarà incentrato sull’esperienza della Comunità di Sant’Egidio, di cui è membro. A tal proposito, ricorda che il 2008 è un anno importante per questa Comunità, in quanto festeggia i suoi 40 anni di attività. La Comunità di Sant’Egidio, infatti, è nata nel 1968 per iniziativa di alcuni liceali del Liceo Virgilio di Roma, che, invece di omologarsi all’idea ormai diffusa in quegli anni di voler cambiare il mondo da un punto di vista politico e sociale, cominciano a  pensare che il mondo poteva cambiare partendo da loro stessi. I fondatori, tra cui si ricorda Andrea Riccardi, rileggevano il loro stile di vita, il loro comportamento, le loro scelte  attraverso il Vangelo. In altri termini, si interrogavano in prima persona per capire che cosa poter fare concretamente nella realtà di Roma. La loro attenzione si concentrò su due brani evangelici in particolare: sull’invito che il Signore Gesù ci fa nel riconoscere il povero nella persona nuda, nell’assetato, nell’affamato, nel carcerato,nel malato e sulla figura del buon samaritano, colui che si avvicina senza alcun interesse a prestar cura all’uomo per strada. Partendo da una lettura del Vangelo, senza commento, senza particolare esegesi, così come la intendeva San Francesco D’Assisi, questi ragazzi hanno cominciato a sperimentare sulla propria pelle l’idea di compiere delle scelte cominciando ad incontrare i più poveri, che all’epoca a Roma erano i cosiddetti baraccati, cioè coloro i quali vivevano lungo il Tevere e provenivano spesso dall’Italia meridionale. L’impegno dei ragazzi della Comunità di Sant’Egidio era quello di cominciare ad aiutare i bambini ad inserirsi a scuola, a dargli un senso di famiglia, ad offrirgli accoglienza e ospitalità in una Roma, che come riportato negli scritti di Pasolini, si presentava con grandi, stridenti e palesi contraddizioni, costituite dalla presenza di zone di grande benessere, come ci ricorda Fellini nei suoi film, in netta contrapposizione a zone profondamente povere.

Col passar del tempo, la Comunità è cresciuta. La seconda tappa è stata Napoli, di sicuro una scelta molto impegnativa. Il prof. Dandolo afferma che in realtà alcuni progetti sembrano impossibili, perché è il nostro senso di pessimismo che li rende estremamente complessi, mentre i giovani non dovrebbero credere che  i sogni debbano rimanere tali, debbano rimanere in una dimensione di utopia, senza poterli concretizzare. A Napoli, i ragazzi della Comunità di Sant’Egidio di Roma si trasferiscono nel 1973, per affrontare una situazione di emergenza causata dall’epidemia del colera. Hanno trovato ospitalità presso il Convento dei Camaldoli ed hanno cominciato ad annunciare nelle scuole, nelle università, l’idea secondo cui non è detto che si debba subire tutto, ma si può, cominciando da se stessi, creare situazioni di armonia e di pacificazione nel mondo in cui si vive.

Con il crollo del muro di Berlino (1989) e con la scomparsa dell’Unione Sovietica (1991), si pensava che potesse diffondersi e prevalere una cultura della pace, ma non è stato così. Il mondo è degenerato in una guerra diffusa, cioè non più una guerra voluta o non voluta dall’alto, da parte delle due superpotenze. Tutti possono fare una guerra. Non esiste più un ordine mondiale ben definito.  L’ultimo grande baluardo che rappresentava il mondo del ‘900 sono gli Usa, che, però, faticano a tenere le fila di una realtà complessa come quella attuale. Il dato assolutamente sorprendente dell’11 settembre, è che anche chi si sente forte, chi si sente incontaminato, come gli Usa, può scoprire improvvisamente che cosa significa avere la guerra a casa propria. Al di là di fenomeni così eclatanti, basti pensare al ruolo delle organizzazioni terroristiche, che incute timore, perché si parla di guerra asimmetrica, dove il confronto non è chiaro, non è esplicito. Non si sa neanche con chi si deve fare la guerra.

La Comunità di Sant’Egidio di Napoli, di cui il prof. Dandolo è membro, si è confrontata con questi grandi avvenimenti e con gli interrogativi che ne sono conseguiti, restando dell’idea che la pace, oggigiorno, può definirsi più un’assenza di guerra che una vera e propria pacificazione. In relazione al problema della camorra, la Comunità ha aperto delle Scuole della pace nelle zone più a rischio di Napoli, con l’obiettivo di insegnare nuovi valori e mettere in dialogo e in collegamento le varie parti della città, perché anche in tempo di pace ci sono confini e ci sono muri che dividono.

Il primo sforzo della Comunità di Sant’Egidio è quello di partire dai poveri vicini, cioè quelli che si incontrano quotidianamente, e costruire con loro un’amicizia che vuole essere un aiuto ma soprattutto un’alleanza tra umili e poveri, che arricchisce tutti. Il prof. Dandolo testimonia personalmente, ricordando la propria esperienza all’interno della Comunità, che c’è tanta gioia più nel dare che nel ricevere. Naturalmente, ribadisce che il riferimento imprescindibile e basilare per tutti i membri della Comunità rimane il Vangelo, in quanto solo attraverso la sua lettura e interpretazione è possibile non perdere quel contatto che vivifica il rapporto con gli altri e di fraternità.

Un ulteriore sforzo della Comunità è quello di interrogarsi sulle grandi domande del mondo. Per la Comunità sembrava assurdo voltare le spalle ad una società che sembrava adottare la guerra come rimedio per risolvere le questioni più importanti. Il primo banco di prova di questo affacciarsi sullo scenario internazionale per diffondere la pace, precisa il prof. Dandolo, a mani nude, senza avere particolari protezioni, è stato fatto in Monzambico, un paese dell’Africa che ha vissuto dagli anni ’80 al ’92 uno stato di guerra civile. A tal proposito, sottolinea che molto spesso i mass media tendono a privilegiare alcune guerre piuttosto che altre, soltanto per motivi di carattere economico, creando e diffondendo ignoranza.

Il progetto in Monzambico è nato inizialmente come un progetto di cooperazione e di aiuto. Successivamente, però, la Comunità di Sant’Egidio si è resa conto che un tale progetto non era adeguato al dramma che vivevano i monzabicani, quindi, alcuni membri si sono cominciati ad occupare del problema della guerra civile, divenendo dei mediatori di pace.

L’idea che nascessero dei mediatori di pace come persone normali, senza incarichi diplomatici particolari, è stata la forza della Comunità. L’esperienza in Africa è che le guerre continuano, degenerano nell’indifferenza totale. Il problema è proporre tavoli di trattative per mettere insieme le fazioni in guerra. In quest’ottica, la Comunità di Sant’Egidio di Roma è diventata una sede della pace, un luogo dove potersi incontrare, confrontarsi, dibattere, portare le ragioni dell’una e dell’altra parte, capire i torti subiti.

Un grande incoraggiamento in tale ambito è venuto anche  dal magistero della Chiesa e in particolare da Papa Giovanni XXIII, il quale ha affermato che “conviene mettere insieme, piuttosto che far prevalere motivi di spaccatura” e da Papa Giovanni Paolo II, che ha definito la guerra un’avventura senza ritorno. Il 4 ottobre del 1992, è stata siglata la pace in Monzambico, che tutt’ora perdura ed è diventata festa nazionale. Oggi, il Monzambico festeggia 15 anni di pace.

Altro riferimento che il prof. Dandolo ritiene essenziale riprendere in maniera sintetica per meglio approfondire la tematica del suo intervento, sono gli incontri interreligiosi, che la comunità ha cominciato a proporre dal ’97 in poi. Fa riferimento nuovamente a Papa Giovanni Paolo II, il cui pontificato è stato il più significativo del ‘900, insieme a quello di Papa Roncalli, e ricorda la data del  27 ottobre 1986, quando  furono convocati ad Assisi i più grandi leader religiosi a livello mondiale. A tal proposito, il Prof. Dandolo precisa che quest’iniziativa non ha niente di preconfezionato, precostituito, anzi molti hanno accusato Papa Giovanni Paolo II di fare delle scelte troppo audaci e forti.

Questo gesto fu molto importante perché in quel periodo il mondo appare diviso in due grandi blocchi, l’URSS da un lato e gli Usa dall’altro e sembra prevalere l’incomunicabilità. Il grande timore di Papa Giovanni Paolo II, che poi continuerà fino agli ultimi mesi della sua vita, era che si potesse ripiombare in uno stato di guerra. Ma la sua grande intuizione era che la pace non si può imporre, ma si costruisce. Un conto è il processo di pacificazione, un altro è essere pacifisti. Il processo di pacificazione è continuo, costante, il cui termine fondamentale è il dialogo. Non c’è altro modo per costruire la pace che il dialogo anche con colui che ritengo sia peggiore di me, che sia diverso da me. Tuttavia, dopo il 1986 c’era il vero rischio che questa esperienza si spegnesse, potesse estinguersi, però, nel 1987 Andrea Riccardi insieme ad altre persone della Comunità di Sant’Egidio di Roma decise di riprendere quest’iniziativa. Fu un’idea molto coraggiosa, perché non era presente un clima favorevole ad una tale proposta, in quanto la curia era contraria e preferiva far rimanere tutto nel silenziatore, in sordina. La conferma di ciò si ebbe quando Papa Giovanni Paolo II ospitò nel 1987, con una certa fatica, i partecipanti del Primo Incontro Interreligioso organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio a Roma..

Dal 1987 al 2007, la Comunità di Sant’Egidio ha continuato ad ospitare questi incontri in varie città italiane e europee, con l’intento di cominciare a superare diffidenze reciproche, anche se dopo l’11 settembre si è ripiombato in un clima di netta contrapposizione, periodo in cui si è accentuata l’idea di essere di fronte ad uno scontro di civiltà, che secondo il prof. Dandolo significa essere ad un passo dalla guerra, perché  non c’è possibilità di trovare dei punti di accordo.

Nonostante le critiche mosse all’operato della Comunità di Sant’Egidio, di rischiare di perdere la propria autenticità, il prof. Dandolo precisa che quanto più si dialoga,  più si parla con chi è diverso, tanto più si riacquista il senso di essere cristiano, in quanto il dialogo spinge a fare una ricerca interiore in noi stessi per cercare di spiegare all’altro i motivi autentici della propria fede. In questo sforzo di instaurare un rapporto aperto e franco con l’altro,  la Comunità di Sant’Egidio ha cominciato a creare degli incontri che andassero al di là della preghiera della pace, arricchendoli con dei momenti di confronto, da non considerarsi come uno spazio di incontro tra specialisti ed esperti del settore, ma come possibilità di creare un contatto tra i leader religiosi e le persone, in modo particolare coloro che non parlano mai. L’idea di fondo è stata quella di eliminare la parola guerra accanto al termine religione. Far sì che nel fare guerra non si possa invocare il nome di Dio.

In conclusione, il prof. Dandolo afferma che il Vangelo ci permette di fare cose semplici ma allo stesso tempo concrete, nel senso che non c’è bisogno di grandi scenari, di grandi possibilità, come ci abitua la società attuale, che insegna a non prendere delle responsabilità e a rinviare sempre. Aiutare gli altri, ti permette di scoprire un senso di contiguità, di prossimità, di immediatezza della propria vicenda umana con quella delle persone in stato di bisogno.

In ultimo, il prof. Dandolo sottolinea che soltanto gettando ponti, adottando un dialogo, partendo da se stessi con l’idea di pacificarsi si possono creare tante occasioni di pace anche con gli altri e si può costruire un mondo migliore.

Agata Abbamondi

Patrizia Lombardi

Ada Mancinelli

Prof. F. Dandolo 8 marzo 2008

 

 

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