Particolarmente interessante è risultato l’incontro con il prof. Giorgio Sacerdoti, nell’ambito del X Corso del Laboratorio di Formazione Sociale CittadinanzAttiva del Centro Studi Sociali Bachelet. Gli studenti e gli uditori hanno approfondito il tema della Shoah grazie alla testimonianza del professore Giorgio Sacerdoti, docente di Diritto internazionale presso l’università Bocconi e Presidente del Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano. L’incontro è stato organizzato per celebrare il settantesimo anniversario dell’apertura dei cancelli di Auschwitz ed è stato inaugurato con l’esecuzione di due brani musicali, a cura dei maestri Aldo D’Onofrio e Michele Leone e la lettura di tre testi da parte degli studenti del liceo di Airola. I primi due, di Primo Levi, trasmettevano il sentimento che probabilmente accomuna la maggior parte dei testimoni di eventi passati: essi infatti sono consapevoli di come sia difficile parlare alle nuove generazioni, tuttavia sanno anche di avere l’obbligo morale di provarci, anche se si dovessero rivelare anacronistici. Nel terzo passo era illustrato l’intervento di Betti Guetta, responsabile dell’Osservatorio antisemitismo CDEC (Centro documentazione ebraica contemporanea) di Milano, alla camera dei deputati nel 2013. La sociologa si soffermò su due concetti molto forti: l’eccessiva commemorazione, che può generare il rischio di rendere banale il problema dell’antisemitismo e la gravità del fenomeno, che non è percepita dalle generazioni future. Dunque, il professore Sacerdoti ha illustrato la storia della sua famiglia, ebrea, raccontandola attraverso le lettere della madre e dei parenti che egli ha raccolto nel libro “Nel caso non ci rivedessimo”. Il titolo è contenuto all’interno dell’ultima lettera che il nonno materno mandò alla madre prima di morire, dove egli scrisse: ”Se non ci dovessimo rivedere, cara Ilse, pensa sempre che l’Inno alla Gioia inizia con ‘Gioia, bella scintilla divina’, ma si chiude con: ‘Saldo coraggio, quando la sofferenza è grande’.” Il libro tratta infatti di temi legati principalmente alla sofferenza, attraverso i quali l’autore ha voluto incrociare la vita della sua famiglia con gli eventi principali che hanno portato allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Figlio di un giovane milanese laureato in legge e di una donna ebrea di Colonia egli nasce, per una serie di spostamenti condizionati dall’antisemitismo, a Nizza nel 1943, anno in cui ci fu l’armistizio che portò alla caccia degli ebrei in Italia e dunque al pellegrinaggio della famiglia Sacerdoti verso la Svizzera. Sia il professore che la moglie non sono stati vittime dei nazisti, tuttavia la famiglia di Ilse morì. Il fratello fu intercettato e deportato nei campi di concentramento mentre cercava di raggiungere la sorella in Francia. La madre morì di dolore in Olanda, dove si era rifugiata con il marito e il figlio in seguito alla “notte dei cristalli” del 1938. Il padre morì dopo che, ormai invecchiato e solo, venne individuato dalla Gestapo e “non rivide più” Ilse. L’incontro è poi proseguito con la visione della presentazione che documentava in maniera fotografica la storia della famiglia narrata nel libro e con le domande degli studenti riguardo l’utilità del giorno della memoria e il perdono che i parenti delle vittime dei martiri del nazismo potevano offrire ai loro assassini. La giornata si è quindi conclusa con la lettura di altri due testi che sottolineavano come i pregiudizi nascano all’interno della mente umana e come sia difficile combatterli e con l’esecuzione di altri due brani musicali, primo dei quali tratto dalla colonna sonora del film “La vita è bella”. Proprio grazie a Benigni il mondo ha potuto conoscere i crudi temi della Shoah, con semplicità, e i giovani hanno potuto vedere gli orrori del passato e il coraggio degli uomini per poter progettare un futuro radioso, perché “ l’Inno alla Gioia inizia con Gioia, bella scintilla divina, ma si chiude con: Saldo coraggio, quando la sofferenza è grande”.
Andrea Burro, Studente IIS Telesi@
Foto: Alessandro Tanzillo