CittadinanzAttiva 2009-2010. Incontro sul tema “Affettività e relazioni”. Relatore: Dott. Domenico Bellantoni

Il giorno 7 novembre 2009, presso il Palazzo dei Congressi delle Terme di Telese,  si è tenuto l’incontro sul tema “Affettività e relazioni”, che rientra nel  Laboratorio di formazione sociale CittadinanzAttiva, un progetto ideato e realizzato dal Centro Studi Sociali Bachelet ONLUS della Diocesi di Cerreto S.- Telese- Sant’Agata dei Goti. E’ intervenuto il Dott. Domenico Bellantoni, Psicologo- Psicoterapeuta e Docente all’Università Pontificia Salesiana di Roma.

Il Dott. Bellantoni analizza il tema delle relazioni affettive, cercando di capire come questo tema, oggi, interferisce con l’attuale clima culturale.

Ogni relazione va sempre considerata come inter-relazione. Quando ci relazioniamo alle persone, la nostra reazione dipende dalla realtà dell’altro. Ad esempio, dire che una persone è antipatica, significa che quando incontro, vedo o sento parlare quella persona provo dentro di me un’emozione sgradevole. A questo punto, però, dovremmo chiederci: Ma chiunque al mio posto considererebbe antipatica quella persona? Se quella persona è simpatica a qualcuno vuol dire che quella persona non è antipatica, ma semplicemente è antipatica a me.

Prendere in considerazione il discorso di relazione-interrelazione significa, quindi, capire che noi interagiamo con la realtà. Chi è antipatico a me potrebbe essere simpatico ad un altro. L’antipatia o la simpatia non sono caratteristiche della persona, ma sono delle reazioni emotive che noi proviamo di fronte alla realtà. Ad esempio, un film non deve necessariamente piacere a tutti. Nonostante ciò siamo convinti che possiamo parlare della realtà, dimenticandoci che ci limitiamo a filtrarla sempre attraverso quello che noi siamo.

Tutti noi dobbiamo renderci conto che quando interagiamo con le persone, queste relazioni sono a doppio ingresso. Quella persona agisce su di noi, ma allo stesso tempo noi interagiamo su quella persona. Pertanto, le relazioni affettive prevedono un’interazione tra le due persone.

Nella persona esistono tre livelli: il livello biologico (influenzato dal nostro corpo), il livello psicologico (influenzato dalla nostra storia di vita), il livello spirituale, nel senso di libero, ragionevole e responsabile, in quanto permette di prendere le distanze dai propri stimoli biologici e psicologici.

Da un punto di vista affettivo, a livello biologico, il corpo deve funzionare per poter vivere la sessualità, cioè il rapporto di coppia. Facendo riferimento al tema della simbolicità, a differenza degli animali, il livello spirituale ci porta a dare significato a ciò che facciamo. Il tema della corporeità è legato ad aspetti di carattere biologico e psico-sociale, anche di natura estetica. Ci sono stati periodi storici in cui il grasso era bello. Nel film di Zeffirelli, San Francesco D’Assisi, i ricchi erano rappresentati da personaggi grassi, mentre i poveri da quelli magri. Oggi è il contrario. Oggi, il magro è bello, il palestrato, che assume aminoacidi e creatina, è bello. Pertanto, anche l’immagine corporea è cambiata a seconda del tempo. Dal punto di vista bio-psicologico, entra in gioco il tema dell’autostima, cioè star bene con gli altri e con se stessi. A volte il corpo diventa uno strumento. Soprattutto in adolescenza, organizziamo la nostra immagine corporea affinché possa piacere agli altri. In questo percorso della cura del proprio corpo si perde l’equilibrio, che può manifestarsi in disturbi alimentari, che portano la persona a deformare la percezione della propria immagine corporea e cerca a livello di corpo una perfezione che gli sembra di non possedere da un punto di vista relazionale. In altri termini, cerca nel rapporto col proprio corpo quella sicurezza che non riesce ad avere nei rapporti con gli altri.

Che cos’è importante a livello psicologico per entrare nelle relazioni affettive in maniera positiva? In ambito familiare, è necessario che i figli, progressivamente, sviluppino una propria identità ed un’effettiva separazione dai genitori. I figli devono imparare a stare bene da soli. Per vivere una sana relazione affettiva, bisogna innanzitutto saper fare da soli. In caso contrario, non si è liberi di scegliere.

Quando questo processo non avviene completamente, la persona ha difficoltà a percepirsi in pace con se stessa se non appoggiata a qualcuno. Scrive Freud che la relazione del bambino con la madre è unica, senza paralleli, tanto che una volta stabilita si mantiene inalterabile per tutta la vita come la prima e più forte relazione d’amore. E’ il prototipo di tutte le relazioni d’amore successive. Ciò, però, è stato scritto tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, quindi, è opportuno analizzare anche il rapporto con entrambi i genitori. Il tipo di relazione che si stabilisce con i genitori è il modello di come la persona sarà capace di relazionarsi con le persone al di fuori della famiglia. Se i genitori richiedono al figlio obbedienza, quella persona instaurerà relazioni esterne di tipo obbediente e passerà dall’autorità genitoriale all’autorità del partner. Leonardo Da Vinci credeva che colui che ama riceve il proprio modo dall’essere amato. Se siamo stati amati più facilmente saremo capaci di amare. Chi è credente, dovrebbe sentirsi una persona che Dio ha amato sin da sempre, quindi, dovrebbe avere un’ulteriore esperienza psicologica di essere stato amato da qualcuno. Questa è una grandissima risorsa.

Alle origini dell’affettività, da un punto di vista psicologico, ogni disagio e ogni disturbo può essere considerato una ferita d’amore, un non essere stati amati in maniera sufficiente o in maniera sana. Se io non mi sono sentito amato come avrei voluto, avrò paura che anche fuori dalla famiglia gli altri non mi ameranno. Nel momento in cui non sono stato amato in radice, comincerò a pensare che non troverò nessuno capace di amarmi.

Sempre a livello psicologico, la persona non preparata avrà la necessità di appoggiarsi a qualcuno, per paura di crollare e non riuscire a cavarsela da sola. Nascono le dipendenze d’amore. Il rapporto di coppia diventa una droga, un farmaco da cui siamo dipendenti. “Non fuggire in cerca di libertà quando la tua più grande prigione è dentro di te.” (Jim Morrison). Sei schiavo di te stesso. Se tu non sei capace, se tu non sei sicuro di stare in piedi da solo, sarai sempre schiavo in qualsiasi relazione affettiva e l’altro potrà farti sempre tutto ciò che vuole. Tu sarai dipendente in quel rapporto. Qui rientrano le nozioni di violenza, di prigionia, che a volte vengono vissute all’interno dei rapporti d’amore. Anche dopo aver trovato, in genere non scelto, il partner, la persona non preparata avrà sempre paura di perderlo e di ritrovarsi da sola. Perché trovato? Perché la persona che ha paura di stare da sola non si dà il tempo di scegliere, ma si lascia scegliere e si mette col primo o con la prima che capita.

In amore, esistono tre fasi: la fase di idealizzazione (tu sei splendido, io no), fase di de-idealizzazione (io sono splendido, tu no), fase del vero amore (rapporto reciproco alla pari). La paura che l’altro si allontani e che si possa cadere, genera gli impedimenti. L’altro non può andar via, bisogna impedirlo. Questo discorso può riguardare anche entrambi. Ci sono delle coppie, che sono pronte anche a sposarsi, mettendo in atto un rapporto di reciproco appoggio. Può essere considerata una situazione banale, se non ci sono conseguenze. Al contrario, se uno dei partner si allontana, l’altro si sente improvvisamente sbilanciato e cerca un’altra persona a cui appoggiarsi.

Quali sono quei compiti che ognuno di noi deve realizzare per poter entrare in una relazione affettiva in maniera sufficientemente matura? Erikson, che si è interessato molto di psicologia evolutiva, ha individuato una serie di tappe di sviluppo:

  • la fiducia di base, nell’infanzia (i primi due anni di vita) c’è bisogno che il bambino si senta accolto in un ambiente sicuro che risponde alle sue esigenze;
  • l’autonomia, l’intraprendenza, la decisionalità e la competenza (fino a 16 anni di vita), bisognerebbe lasciar fare al bambino non più di quello che lui è in grado di fare data l’età, ma neppure meno; educare a decidere significa accettare il rischio di sbagliare; noi, invece, siamo stati educati a non sbagliare;

Questi compiti devono essere rivisitati anche in età adulta. Devo confrontarmi con la mia fiducia negli altri, con la mia competenza, autonomia, decisionalità, perché si può sempre crescere.

Compito fondamentale, tipico dell’età adolescenziale è cominciare a lavorare sulla fedeltà a se stessi, cioè costruire la propria identità. L’identità è la capacità di essere sempre se stessi al variare del tempo e dello spazio. Ciò significa che l’adolescente capisce che lui era quel bambino e sarà quell’adulto, quindi, potrà dire sempre “io”. Rimane identico a se stesso, fedele a se stesso, coerente, indipendentemente dalle persone con le quali si trova e indipendentemente dagli ambienti che frequenta. A volte capita che il fidanzamento può essere vissuto come una relazione affettiva in cui non si è se stessi. Io, che ho un giudizio negativo della mia persona, devo indossare una maschera per farmi accogliere dall’altro, perché se quest’ultimo mi conoscesse per quello che sono realmente non mi accoglierebbe. La sicurezza del rapporto di coppia dipende dal fatto che si è uguali. In realtà, bisogna essere diversi.

Come si possono recuperare compiti non svolti, così si possono realizzare compiti che si collocano in un’età maggiore dell’adolescenza. A livello di amicizia, di conoscenza, di partner, dobbiamo avere la capacità di collocare le persone ad una distanza più o meno maggiore a seconda del rapporto. Gli amici hanno una gradualità.

Per avere la capacità di entrare in una relazione affettiva stabile, c’è bisogno della funzionalità del corpo, di passione, di attrazione fisica. L’attrazione sessuale che si prova nei confronti del partner deve essere motivata dall’amore e non dal corpo, altrimenti si è aperti all’esperienza del tradimento. L’attrazione sessuale dipende dal fatto che ci si sente con il proprio partner un’unica persona.

Bisogna essere capaci di intimità. Sono tanto più intimo quanto più posso dire di me all’altro. Quando una coppia entra in crisi, il primo gesto che viene meno è il bacio. Ci sono persone sposate in difficoltà che fanno l’amore ma non si baciano. L’intimità è la capacità di comunicarsi all’altro, pertanto, è molto più della passione e della sessualità.

Bisogna essere capaci di impegnarsi. Bisogna essere capaci di capire se colui che è a fianco a noi, è in grado di fare a meno di succhiarci la vita, il sangue.

Seligman individua tre tipi di vita felice:

  • primo livello di vita felice: le persone si sentono felici nel continuo sperimentare emozioni positive; la felicità viene identificata con l’avere sempre un’eccitazione, un’attivazione emotiva di tipo positivo; oggi, tutte le condotte di dipendenza si appoggiano sul fatto che questa è la vita felice.
  • secondo livello di vita felice: le persone si sentono felici attraverso la concentrazione, l’impegno, lo svolgere il proprio compito; si è contenti di quello che si fa; una persona che risponde a questo tipo di vita felice, farà più fatica a mantenere l’impegno del matrimonio, del rapporto di coppia, perché avrà bisogno di continue stimolazioni. Dovremmo imparare, invece, ad essere felici all’interno di vite impegnate per portare avanti un obiettivo.
  • terzo livello di vita felice: le persone si sentono felici perché hanno uno scopo. Ci sono paesi, come il Burundi, dove non si ha di che vivere. Noi, al contrario, pur non avvertendo questa esigenza stiamo perdendo il senso del perché vivere. Non sappiamo più dove andare.

Il Dott. Bellantoni conclude il suo intervento con delle domande: Che cosa nella mia vita conta veramente? Che cosa ha senso? Che cosa voglio realizzare? Solo le risposte a queste domande rendono la  nostra vita felice, al di là delle sostanze e al di là delle dipendenze.

 

Agata Abbamondi

Patrizia Lombardi

Ada Mancinelli

Affettività e relazioni- Dott. Domenico Bellantoni

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