LAVORO DIGNITOSO E CRESCITA ECONOMICA SOSTENIBILE

di Benedetta Di Biase, studentessa IIS Telesi@

Continua senza indugi il XVI corso di CittadinanzAttiva promosso dal CSSB Onlus, la cui lezione odierna, dal titolo “Lavoro dignitoso e crescita economica sostenibile”, ha trattato proprio l’obiettivo 8 dell’Agenda 2030, protagonista di tale percorso. Una tematica delicata e più che attuale: basti pensare alla riscoperta, avvenuta in quest’ultimo anno di pandemia, del valore del lavoro, inteso non soltanto come fonte di reddito, bensì anche come mezzo di realizzazione personale. Proprio questo è stato il cuore della lectio tenuta dal Prof. Guido Tortorella Esposito, Docente e Ricercatore presso il Dipartimento DEMM dell’Università degli Studi del Sannio.

Il connubio uomo-lavoro è qualcosa di fondamentale: sin dagli albori, infatti, l’uomo ha avuto la necessità di “rimboccarsi le maniche” ed oggi la nostra Repubblica Democratica si fonda proprio sul lavoro. Come è normale che sia, sono stati diversi i modelli economici ad essersi susseguiti nel corso della storia, sino ad arrivare a quello attuale: il modello neoliberista, in cui il lavoro è finalizzato al solo reddito da salario. Il Prof. Tortorella ha evidenziato come spesso, soprattutto noi giovani, prendiamo decisioni in merito al nostro futuro condizionati da ciò che richiede il mercato, anziché facendoci guidare dai nostri interessi e dalle nostre passioni. Sono molti, infatti, gli ambiti sottovalutati o addirittura dimenticati dal mercato perché poco proficui e quindi non rispondenti alle richieste. Eppure, come è stato sottolineato durante la lezione, sono proprio i lavoratori i cuori pulsanti dell’economia e del mercato, dunque, se questi sono più stimolati e invogliati a fare ciò che piace loro, le conseguenze non possono che essere positive. Ciononostante, soprattutto a partire dagli anni ’80, a causa della flessibilizzazione, sono i lavoratori ad avere la peggio quando si tratta di diminuire i costi: riduzione dei salari (divenuti, se si è fortunati!, soltanto di sussistenza), contratti con clausole che ledono la dignità umana, licenziamenti, disequilibrio tra ciò che il lavoratore dà e ciò che riceve. A tal proposito abbiamo  visionato due brevi filmati tratti dal film “Sorry we missed you”.

Il Prof. Tortorella si è addentrato anche in questioni etiche, analizzando le etimologie di due termini, comunemente equivalenti, ma che in realtà presentano sfumature di significato ben diverse: “felicità”e “happy”, collegati rispettivamente al “ben vivere” e al “benessere”. La felicità, dal sanscrito “fe” al latino “felix”, significa fecondità, dunque lo stato d’animo di chi ritiene soddisfatti non soltanto i propri bisogni ma anche i propri desideri e la propria realizzazione personale, elementi non acquistabili per mezzo del denaro e che costituiscono il ben vivere. Al contrario, il termine “happy” significa contento (dal verbo contenere), pertanto simboleggia un benessere derivante da quanto “si riempie quel contenitore”, cioè da quanto reddito si ha e, nel mondo anglosassone, c’è una forte identità tra il concetto di felicità e il suddetto benessere. È stato proprio tale “Mercato predatorio” ad essersi imposto, portando al conflitto, all’individualismo e alla giustizia a vantaggio del più forte, anziché alla reciprocità ed all’utilità comune. Il vero protagonista della nostra società, infatti, è l’homo economicus: un soggetto passivo che risponde alle regole del mercato al fine di ottenere un reddito per soddisfare soltanto i propri bisogni, che invece andrebbe sostituito con un homo reciprocans, sociale, che possa gettare le basi di un “Mercato civile”. E’ emersa, pertanto, la necessità incombente di un cambio di paradigma, affinché il lavoratore riacquisti la sua dignità e il senso di appartenenza alla produttività, evitando in tal modo anche pesanti ripercussioni psicologiche che potrebbero abbattersi sullo stesso. Per raggiungere un tale obiettivo è indispensabile investire nel capitale umano e nel talento, dando impulso all’istruzione, alla ricerca e alla formazione lavorativa, al fine di rendere l’uomo “industrioso” e capace di spaziare negli ambiti più svariati senza precludersi nulla: tutti avrebbero un’importanza fondamentale, benché oggi, con l’attuale mercato, molti sono ritenuti improduttivi. Riguardo a ciò, il relatore ha citato alcuni esempi di giovani italiani, i quali, sfruttando i loro talenti e le loro competenze, hanno dato vita a imprese ad alto profitto e al contempo sostenibili, mettendo in pratica quello che effettivamente si sta perseguendo. Un tale cambiamento è sempre più sentito soprattutto in Italia, la quale offre innumerevoli bellezze paesaggistiche e artistiche non adeguatamente considerate, ed anche industrie con sedi all’estero anziché sul territorio.

Il Prof. Tortorella ha concluso il suo intervento riponendo la speranza di un miglioramento soprattutto nei giovani: saremo noi gli artefici di un cambiamento radicale!

 

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