Il tema della conversione ecologica, affrontato dal prof. Francesco Vespasiano, docente dell’Università del Sannio, ha suscitato l’attenzione dei partecipanti al sesto incontro del XII Corso di CittadinanzAttiva , organizzato dal Centro Studi Bachelet. Incipit della lezione l’appello di Papa Francesco, nella Laudato si’, filo conduttore del corso, a “ri-orientare la rotta”, per mezzo di una conversione ecologica globale, in grado di ridisegnare abitudini e comportamenti. In tale prospettiva, una cittadinanza ecologica è possibile anche attraverso piccole azioni quotidiane che, modificando gli stili di vita, possono agire sul potere economico, politico e sociale. “Sono più importanti le cose o le persone?”, chiede ai giovani presenti il prof. Vespasiano, richiamando il tema della relazione tra la povertà e la fragilità del pianeta, e ricordando che il progresso di un Paese, al di là della crescita del PIL, è determinato dalla qualità della vita dei suoi abitanti. Come si può, però, garantire la qualità della vita, se negli ultimi quarant’anni si è avuta una crescita esponenziale della popolazione mondiale? Già a partire dagli Anni ‘70, i processi di trasformazione industriale, giunti al culmine, hanno consentito di gestire i bisogni di una popolazione in netta crescita. Si è diffusa, pertanto, una condizione di benessere che si è tradotta in un innalzamento dell’età media di vita, che ha prodotto un’insostenibilità dello sviluppo. A ciò si aggiungono i dati provenienti dal mondo scientifico, che riportano all’attenzione problemi quali la desertificazione, la quantità di CO2 emessa nell’aria, il consumo di acqua dolce e di energia, una vera e propria fotografia del degrado di terra, acqua e cielo. Quali le prospettive possibili? Le leggi della statistica definiscono come Errore di tipo 1 l’accettare per vero ciò che è falso, atteggiamento ritenuto grave, anche se da alcuni decenni si ritiene più pericoloso l’errore di tipo 2, che consiste nel considerare falso qualcosa che, invece, è vera. Il secondo tipo di errore diventa estremamente pericoloso perché una crisi ecologica si traduce in una preoccupazione sociale solo se gli attori sociali la riconoscono come tale. Vale a dire …consapevolezza! Non è un caso che molti leader religiosi abbiano percepito subito come il disprezzo per l’ambiente naturale e per il benessere delle altre specie vada di pari passo con il disprezzo dei diritti umani e del benessere della nostra stessa specie. L’errore di tipo 2, infatti, si riferisce al disprezzo per gli altri ma anche per se stessi, attribuendo una maggiore importanza alle cose, rispetto alle persone. Il problema è che tale atteggiamento sembra ormai una costante, determinata da due ideologie inibitorie: il positivismo, che, ponendo una fiducia esasperata nella conoscenza umana, porta a minimizzare i rischi; il fondamentalismo, che, ponendosi come garante della libertà di azione, ha prodotto rischi ambientali e fenomeni quali il problema dello scarto umano. E’ possibile uscire dalla spirale di autodistruzione che caratterizza il nostro tempo? Quali forze possono operare una conversione? Si può parlare ancora oggi di resilienza, se è evidente il dislivello tra sistemi tecnici sempre più avanzati e fragilità reale della natura umana? Tutto questo è possibile solo attraverso un dibattito onesto e trasparente, che parta dalla consapevolezza che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere e di promuovere adeguatamente l’ambiente. Sono coinvolti, pertanto, i sistemi educativi: la scuola, la famiglia, i mezzi di comunicazione, la catechesi, quali canali privilegiati per la costruzione di una nuova umanità. La logica della partecipazione e del dialogo, il rafforzamento della prospettiva del bene comune sono, invece, solo alcune delle opportunità da cogliere per dare un segnale forte, pulito e deciso contro ogni forma di ambiguità e di corruzione.
Roberta Scetta, Studentessa IIS Telesi@
Foto: Alessandro Tanzillo