Sabato 3 dicembre si è svolto presso l’Auditorium dell’IIS Carafa-Giustiniani di Cerreto Sannita il terzo incontro del XII Corso di CittadinanzAttiva dedicato all’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco. Sono intervenuti sul tema “Interesse economico e potere finanziario: potenzialità e limiti del bilancio sociale d’impresa” il Prof. Paolo Ricci, che ha curato la parte teorica, “presenza costante e qualificante nei nostri percorsi formativi”- afferma la Presidente del CSS Bachelet ONLUS Patrizia Lombardi, e il Prof. Renato Civitillo, che ha illustrato alla platea composta da ragazzi, docenti ed uditori un modello di bilancio sociale.
Entrambi – continua Patrizia Lombardi – oltre ad essere docenti dell’Università del Sannio, sono componenti, rispettivamente in qualità di Presidente e di socio ordinario nonché membro della segreteria del Gruppo di Studio per il Bilancio Sociale, un’associazione di ricerca no profit con sede a Milano, la cui mission si basa principalmente sullo studio, l’approfondimento e lo sviluppo della cultura d’impresa intesa come insieme di fattori economici, di legittimazione sociale, di effettività delle risorse umane e di rispetto delle relazioni industriali in un contesto valoriale fondato sulla centralità della persona, attraverso la diffusione di codici etici quale strumento di prevenzione di comportamenti irresponsabili.
Dà avvio ai lavori ricordando le parole di Papa Francesco riportate nell’enciclica Laudato si’ “Ci sono troppi interessi particolari e molto facilmente l’interesse economico arriva a prevalere sul bene comune e a manipolare l’informazione per non vedere colpiti i suoi progetti”.
Interviene il Prof. Paolo Ricci, il quale chiede attenzione e partecipazione ai ragazzi per parlare tutti insieme di un argomento non facile, di un tema abbastanza complesso che nell’immediato non li coinvolge direttamente, ma che ben presto si presenterà alla loro riflessione sostanzialmente in tre parole d’ordine: interesse economico, potere finanziario e bilancio sociale d’impresa.
Facendo riferimento alla prima parola “interesse economico” il Prof. Ricci parte da una citazione di Giovanni Paolo II, il quale sottolinea che “il profitto non è l’unica grandezza economica di cui l’impresa deve avvalersi, l’unico valore a cui riferirsi nella sua esistenza”; un’affermazione innovativa, secondo il Prof. Ricci, se si considera l’assunto in base al quale le imprese nascono per fare profitto, prendono una ricchezza e la trasformano in nuova ricchezza sperando che quest’ultima sia superiore a quella iniziale utilizzando al minimo le proprie risorse.
Tenendo conto di questi elementi e partendo dal presupposto che l’interesse economico è da intendersi come l’agire umano a fini economici, oggigiorno del tutto prevalente nei rapporti di scambio, sorge spontaneo chiedersi fino a che punto e in che modo l’interesse economico debba prevalere.
Se è vero che viviamo in sistemi economici fatti di imprese; che le imprese servono per soddisfare bisogni umani, molti dei quali non sarebbero soddisfatti senza le imprese e per i quali il consumatore finale ha anch’egli un interesse da perseguire ed è quello di pagare meno; che le imprese per soddisfare i bisogni delle persone, di noi individui, realizzano un interesse di carattere economico che spesso confondiamo con il profitto, ma che non è solo profitto, precisa Ricci, bisogna comprendere se questo scambio di interesse (soddisfazione di bisogni umani contro moneta a fronte di un profitto per chi rende un tale servizio) sia o meno un rapporto equilibrato e responsabile.
Ma che cosa significa essere responsabili? Essere autonomi, essere maturi, compiere il proprio dovere, queste le risposte dei ragazzi su cui si sofferma il Prof. Ricci, interpretando il concetto di “maturità” come conoscenza di ciò che accade e “il dovere” come dovere del fare, dovere di avere un certo comportamento e dovere di rispondere di ciò che si fa. La responsabilità, precisa il Prof. Ricci, implica proprio quest’ultimo tipo di riflessione. Siamo responsabili se siamo liberi di scegliere, se conosciamo ciò che accade e soprattutto se dobbiamo dar conto delle nostre azioni verso qualcun altro. Rispondere è il primo atto di responsabilità.
Poiché in tutti i ragionamenti che ci coinvolgono, l’elemento di prevalenza delle condizioni economiche è netto, dobbiamo chiederci se le imprese, che sono al centro dei sistemi economici, sono soggetti che devono rispondere di quello che fanno e in che modo. Che cosa si intende per responsabilità sociale d’impresa? La responsabilità appartiene solo all’uomo o anche alle sue creature, alle sue protesi? Che cos’è un’impresa nella sua entità?
Partendo dalla definizione di impresa quale organizzazione di persone, di tecnologie, di mezzi per soddisfare dei bisogni, il Prof. Ricci si sofferma, ancora una volta, sul concetto di responsabilità e più precisamente di responsabilità sociale d’impresa, affermando che questo tema non è nuovo ma è vecchissimo, è risorto, tuttavia, negli ultimi anni. Già nel 1940/50, infatti, si parlava di responsabilità sociale delle imprese e ci si domandava se questa responsabilità fosse importante oppure no. Come succedeva a fine Ottocento-inizio Novecento per gli Istituti di beneficenza e di assistenza, i quali per conteggiare le conseguenze morali delle loro azioni d’impresa non potevano più far riferimento solo ed esclusivamente a semplici numeri, anche oggi per capire se un’impresa si comporta bene o male, non è più sufficiente guardare unicamente al profitto, bisogna piuttosto considerare quei sistemi valoriali, che vanno al di là delle norme, delle regole scritte, degli obblighi giuridici, rispetto ai quali la stessa impresa dovrebbe e/o potrebbe dar conto di ciò che fa ai propri consumatori, allo Stato, ai propri proprietari, concorrenti, fornitori, ecc. Nuovamente diventa centrale il tema della responsabilità applicata all’azione dell’impresa in quanto protesi umana, organizzazione dell’uomo.
La responsabilità sociale d’impresa, quindi, è qualcosa di non giuridicamente rilevante; non è altro che la consapevolezza che le imprese devono avere delle ricadute sociali relative ai loro comportamenti, alle loro azioni e queste stesse ricadute sociali devono poter essere misurate.
Un’impresa, quale organizzazione umana che opera per soddisfare bisogni dell’uomo, che ha una grandissima importanza nel sistema economico, che persegue un profitto legittimamente, deve farlo in maniera tale da rispettare un sistema di valori che non pregiudichi l’esistenza individuale e collettiva.
In altri termini, accanto al concetto di responsabilità sociale s’impone il principio di sostenibilità. Riprendendo una definizione in voga negli anni ’80, il Prof. Ricci afferma che il principio di sostenibilità si attua nel momento in cui le imprese, i sistemi economici e non solo si comportano in modo da non pregiudicare, nelle loro azioni, le generazioni future. Per sostenibilità, quindi, si intende quel rapporto che lega una generazione con un’altra. Un’impresa svolge un’attività socialmente condivisibile e sostenibile se non pregiudica, se non mette in crisi, se non mette a rischio le generazioni future rispettando non solo l’esistente e il presente, ma il futuro che è fatto di paesaggio, di foreste, di corsi d’acqua, di fiumi, dunque non solo di consumo. L’impresa socialmente responsabile è quella che si fa carico, si assume l’onere di rendere compatibile il proprio profitto con un’esistenza sostenibile del sistema economico. È difficile, ma possibile secondo il Prof. Ricci.
Noi viviamo in un sistema economico, di stampo capitalistico, dove la differenza e la disuguaglianza sono fondamentali. Dover rendere compatibile un sistema economico che fa della disuguaglianza il suo punto di forza, con una vita dignitosa, civile, di progresso e di sostenibilità è la sfida dei prossimi anni. La sostenibilità e la responsabilità rappresentano il futuro ma anche il presente delle imprese, le quali cominciano a domandarsi e alle quali dobbiamo domandare: ti sei fatto carico degli effetti sociali che comporti? Esistono due logiche ecologiste compatibili con il sistema economico vigente, entrambe discutibili secondo il Prof. Ricci: a) ti faccio un danno e ti ristoro: ti distruggo una foresta poi ti dò i soldi per ricostruirla o mi metto a ricostruirla; b) non ti faccio alcun danno: non distruggo. In questo scenario, a noi interessa, però, sottolinea il Prof. Ricci, se è quantificabile lo sforzo che le imprese fanno per misurare i propri effetti di natura non economica. Ed ecco che interviene lo strumento del bilancio sociale. Le imprese si stanno organizzando e dovranno organizzarsi, per legge, dal primo gennaio 2017 per dare conto di ciò che fanno non solo sotto il profilo economico, superando la logica di predisporre un bilancio di soli numeri. Il bilancio sociale d’impresa, infatti, è una forma innovativa, moderna attraverso cui le imprese cominciano a dar conto delle loro attività fuori da semplici questioni di natura aritmetica o numerica.
Questo aspetto è stato affrontato, nella seconda parte dell’incontro, il Prof. Renato Civitillo, il quale ha illustrato più nel dettaglio le voci che caratterizzano un bilancio sociale, quale strumento di rendicontazione delle attività svolte da un’impresa confrontandolo con quello di esercizio, a cui tuttavia si affianca, dove, invece, sono riportati per lo più dati numerici e pertanto di tipo quantitativo. Tra gli elementi distintivi di un bilancio sociale, il Prof. Civitillo ha menzionato:
- l’obiettivo: fornire agli stakeholders (o portatori di interesse, come ad es. il personale, i soci, gli azionisti, i soggetti finanziatori esterni, la P.A., ecc.) un quadro complessivo delle performance raggiunte (risultati), nonché informazioni circa la qualità dell’attività aziendale;
- la non obbligatorietà, per il momento, nella redazione, anche se esistono, precisa il Prof. Civitillo, alcuni modelli standard da seguire come quello fornito dal GBS, che prevede le seguenti principali sezioni: a) Identità aziendale (mission, valori, finalità ambientali e sociali, assetto istituzionale, sistema di governance e di organizzazione) e contesto nel quale l’azienda opera (indicazioni territoriali, matrice degli stakeholders); b) Classificazione del valore aggiunto estrapolata dal conto economico e dallo stato patrimoniale con lo scopo di mettere in evidenza la ricchezza economica-finanziaria prodotta in riferimento a tutti coloro i quali hanno contribuito a produrla; c) Relazione socio-ambientale (impegni assunti, programmi realizzati, effetti prodotti); d) Sezioni Integrative (giudizio degli stakeholders, miglioramento del bilancio); e) Appendice
- la struttura: tipo libretto con fotografie, illustrazioni, grafici.
Foto: Alessandro Tanzillo