CittadinanzAttiva 2007-2008. Incontro sul tema “Responsabilità personale e tutela dell’ambiente”. Relatore: Prof. Luigi Fusco Girard

Il giorno 23 febbraio 2008, in occasione della settima lezione del Laboratorio di formazione sociale CittadinanzAttiva, organizzato dal Centro Studi Sociali Bachelet ONLUS, è intervenuto, sul tema “Responsabilità personale e tutela dell’ambiente”, il prof. Luigi Fusco Girard, docente all’Università Federico II di Napoli.

Il prof. Girard, entrando subito nel merito dell’argomento, precisa di voler organizzare il proprio intervento, analizzando tre aspetti:

  1. gli impatti ambientali: il quadro generale
  2. le cause: tecnologia, cultura, popolazione
  3. le soluzioni possibili

Soffermandosi su quest’ultimo aspetto, il prof. Girard sottolinea che per costruire un futuro fatto di speranza, per migliorare la realtà in cui viviamo, bisogna sentirsi più cittadini e meno consumatori; bisogna essere cittadini responsabili. In particolare essere cittadini responsabili significa:

  • essere capaci di discernimento critico, cioè saper leggere l’importanza della conoscenza interpretata;
  • essere capaci di intervenire con proposte che siano creative.

Proseguendo nella discussione, il prof. Girard passa ad analizzare il quadro generale degli impatti ambientali. Afferma che esiste un’economia della natura e un’economia dell’uomo, strettamente interdipendenti fra di loro

Il nostro sistema produttivo si basa sulla capacità di estrarre risorse e materiali dall’economia della natura; tali risorse  e materiali, a loro volta, attraverso le tecnologie vengono trasformati in merci, che, in quanto utili alle persone, producono valore. Questo processo avviene con un  rilascio di rifiuti nell’ambiente, i quali dopo 6 mesi sono pari a circa il 95- 99% della quantità estratta, generando così un degrado del valore. In quest’ottica, l’ambiente subisce un doppio stress: il primo causato dall’estrazione e il secondo legato al rilascio dei rifiuti di produzione, che sono superiori rispetto a quelli del consumo. Solo un’aliquota dei rifiuti è oggetto di trattamento, di riuso, di recupero, di riciclo, per cui ritorna nel processo produttivo rendendo meno intensa l’estrazione delle materie prime. Questa minore intensità dipende dall’intensità dei processi di recupero, che insieme al trasporto delle merci sul mercato del consumo, generano anch’essi impatti sull’ambiente.

L’economia dell’uomo funziona perché c’è l’economia della natura che la sostiene. Se l’economia della natura non è più in grado di offrire risorse oppure non è più in grado di assorbire rifiuti, l’economia dell’uomo va in crisi, provocando un collasso dell’economia della natura.

In altri termini, il sistema economico trova il suo fondamento nel sistema ecologico, cioè il sistema economico dipende dal sistema ecologico. Se la velocità di estrazione è superiore alla velocità di rigenerazione delle risorse e se la velocità con cui si rilasciano i rifiuti è maggiore della capacità di riassorbimento degli stessi da parte dell’ecosistema, si è di fronte al rischio del collasso.

I problemi ambientali, quindi, dipendono dalla capacità di mantenere in equilibrio l’economia dell’uomo rispetto a quella dell’ecosistema. Nel processo produttivo entrano una serie di input sotto forma di materiali, di energia, di acqua, dalla cui combinazione e trasformazione escono le merci. Il rapporto tra la quantità di materiali impiegati e la quantità di merci risultanti è di 100 a 30.

Tutto il resto sono rifiuti: di produzione, di consumo, ecc.

Il paradosso consiste nel fatto che produciamo tanta ricchezza e allo stesso tempo tanta povertà economica, perché la relazione tra produzione, riciclaggio, consumo e ambiente, attraverso l’utilizzo delle tecnologie, sta determinando impatti sempre più violenti sull’ecosistema.

Da qui ne consegue che, mentre l’economia della natura può essere rappresentata come una spirale, in cui si estrae, si produce, si organizza, si degrada e poi il rifiuto diventa fonte di nuove forme di vita, di nuovi processi, l’economia dell’uomo, invece, è da considerarsi in modo rettilineo, in quanto estrae, produce, trasporta, consuma e crea rifiuti, senza riciclarli. In questo scenario, proprio perché è in gioco la qualità della nostra vita, l’impegno di ciascuno di noi dovrebbe essere  quello di riuscire a rendere compatibile l’economia dell’uomo con quella della natura. Solo in questo modo diventiamo responsabili della vita futura delle nostre città.

Pertanto, essere responsabili significa:

  • creare congruenza, compatibilità, coerenza, coordinamento tra l’economia e l’ecologia;
  • essere consapevoli delle conseguenze delle nostre azioni.

In altri termini, la responsabilità è legata al dovere di conoscere, di prevedere le conseguenze delle scelte che noi facciamo, sia come singoli che come gruppi, in quanto viviamo in un mondo in cui interdipendiamo gli uni con gli altri. Ciò significa smentire l’idea secondo cui le conseguenze del nostro agire che non sono note, vengono considerate nulle e quindi possiamo trascurarle. Queste sono scelte irresponsabili.

Le conseguenze delle nostre azioni possono essere a breve, medio e lungo termine. Quelle a breve termine si riescono a determinare con più facilità rispetto a quelle a medio e lungo termine. Per queste ragioni, la nostra responsabilità consiste nella capacità di fare delle previsioni a lungo termine, da cui  dipende la qualità della vita che avremo nei prossimi anni in rapporto anche ad un aumento esponenziale della popolazione.

In sostanza, la responsabilità non è più auspicabile per costruire un futuro migliore, ma diventa un obbligo, una necessità, un’esigenza, una garanzia di sopravvivenza.

Una delle conseguenze del sistema industriale più dannose per l’ambiente è di sicuro l’effetto serra, in quanto sta provocando un cambiamento delle temperature. L’effetto serra consiste in un surriscaldamento del pianeta, dovuto all’imprigionamento in una protezione di quella parte dell’energia solare che dovrebbe essere restituita alla biosfera. Tutto ciò incide negativamente sulle condizioni climatiche, sull’ambiente e di conseguenza sulla nostra salute, provocando:

  • uno spostamento delle perturbazioni verso i poli
  • una maggiore intensità di cicloni tropicali ed extra tropicali
  • un aumento di temperature esterne ed eventi siccitosi
  • un aumento della intensità delle precipitazioni
  • un aumento della variabilità climatica
  • un continuo scioglimento di ghiacciai e ghiacci marini
  • un indebolimento della circolazione globale oceanica
  • la nascita di guerre civili
  • decessi

Secondo il prof. Girard, essere responsabili singolarmente non permette di modificare una situazione particolare come quella in cui versa il nostro ambiente oggi, però di sicuro favorisce di innescare un processo che potrebbe diventare virtuoso,anche negli altri, grazie all’emulazione.

Alla luce di quanto detto finora, il prof. Girard sottolinea come il concetto di responsabilità sia strettamente collegato a due variabili:

  • alla scelta delle tecnologie, in quanto queste ultime hanno un ruolo rilevante nel processo di coordinamento tra l’economia dell’uomo e della natura;
  • alla nostra cultura, che, purtroppo, è caratterizzata dalla prepotenza della cultura economica, cioè della cultura dell’io. Il nostro stile di vita, infatti, è fortemente orientato dagli interessi del mondo della produzione. Ragionando in termini economici, consumare di più significa maggiore benessere, cioè quanto più si consuma tanto più si sta meglio. Se questo fosse vero, noi dovremmo lavorare di più per guadagnare di più, quindi, saremmo costretti anche a competere sempre di più gli uni contro gli altri. Si deduce, pertanto, che in economia ciò che conta è il qui ed ora, non una prospettiva temporale di medio-lungo termine, la quantità che è misurabile e non la qualità. Su queste basi, è evidente come sia difficile costruire un futuro. Da qui il paradosso, secondo cui una maggiore produzione di reddito e un maggior consumo di beni dovrebbe migliorare la qualità della vita e invece da un certo punto in poi, genera insoddisfazione e infelicità. I costi dell’iperconsumismo sono rilevanti sia sul piano ecologico che sul piano sociale, in quanto non migliorano le condizioni di sostenibilità del nostro sistema complessivo. Per sostenibilità si intende: assumere il principio di precauzione, il dovere di conoscere, partecipare alla costruzione delle scelte, riconoscere l’esistenza di un bene comune.

Il prof. Girard, avviandosi a conclusione, afferma che la responsabilità scaturisce nella misura in cui riusciamo ad identificare il bene comune. Questa identificazione è fondamentale, in quanto ci lega e ci  rende disposti a cooperare, a coordinare ed essere corresponsabili nella costruzione delle scelte, anche se è difficile a causa del fatto che oggi viviamo in una società turbolenta. Bisogna coordinare, cooperare ed essere corresponsabili per ridurre il conflitto che c’è tra noi e gli altri, tra noi e l’ecosistema e migliorare così la qualità della vita. Come si può fare tutto questo? Occorre un forte sforzo di intelligenza critica. Il bene comune va costruito nelle aule scolastiche, nelle sale consiliari e provinciali, nelle nostre famiglie, nelle nostre università. Dobbiamo cercare di vedere come altri hanno risolto il problema della salvaguardia dell’economia della natura, perché da quelle esperienze consegue la conoscenza del bene comune possibile, che si è concretamente realizzato. Noi non abbiamo una diffusa conoscenza delle esperienze positive. Il bene comune, quindi, si costruisce con il giudizio critico che si contrappone ad altri giudizi critici e l’interazione di questi giudizi critici diventa il cuore dell’idea di bene comune sempre suscettivo di arricchimento. Si costruisce il bene comune con la capacità di argomentare in modo tale che la mia argomentazione resti in piedi anche nei confronti di contro-argomentazioni. Bisogna puntare su una formazione argomentativa, che significa produrre scelte in funzione della buona ragione. Diventare cittadini responsabili comporta un allenamento ad un dialogo, ad un gioco in cui si scopre da posizioni antitetiche un’idea comune che ci collega.

Per concludere, il prof. Girard parla sinteticamente del rapporto tra bene comune e creatività, affermando che identificare l’interesse generale oggi e in futuro non è un’operazione neutrale, routinaria, burocratica, ma necessita di creatività, innovazione perché la responsabilità non è astensione, ma è azione concreta e la creatività non è immaginazione, ma è capacità di produrre idee nuove che siano anche utili direttamente e indirettamente. Dobbiamo essere sempre più creativi perché solo in questo modo riusciamo a creare speranza.

Agata Abbamondi

Patrizia Lombardi

Ada Mancinelli

Prof. Luigi Fusco Girard 23 febbraio 2008

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