SINTESI SESTO INCONTRO- Il Prof. Francesco Vespasiano dell’Università del Sannio partecipa al XII Corso di CittadinanzAttiva con un intervento dal titolo “Verso una conversione ecologica: conoscenza, resilienza e nuovi stili di vita sociali”

Il sesto incontro del XII Corso di CittadinanzAttiva si è svolto sabato 28 gennaio, presso l’Auditorium dell’IIS Carafa-Giustiniani di Cerreto Sannita e ha visto la partecipazione in qualità di relatore del Prof. Francesco Vespasiano, docente dell’Università del Sannio con un intervento dal titolo “Verso una conversione ecologica: conoscenza, resilienza e nuovi stili di vita sociali”.

Apre l’incontro la Presidente del Centro Studi Sociali Bachelet ONLUS, Patrizia Lombardi, la quale introduce la tematica che sarà oggetto di riflessione facendo riferimento al capitolo sei dell’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco, filo conduttore del Corso di CittadinanzAttiva di quest’anno.

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In questo capitolo Papa Francesco invita a “ri-orientare la rotta” e quindi ad una conversione ecologica capace di ridisegnare abitudini e comportamenti. Bisogna puntare su un altro stile di vita in grado di “esercitare una sana pressione su coloro che detengono il  potere politico, economico e sociale. È ciò che accade quando le scelte dei consumatori riescono a modificare il comportamento delle imprese, forzandole a considerare l’impatto ambientale e i modelli di produzione”.  Non bisogna, pertanto, sottovalutare l’importanza di percorsi di educazione ambientale capaci di incidere su gesti e abitudini quotidiane, “un’ecologia integrale è fatta anche di semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento e dell’egoismo.” Gli esseri umani, infatti, sono capaci di resilienza, di degradarsi ma anche di superarsi e ritornare a scegliere il bene per rigenerarsi. Sono capaci di intraprendere nuove strade verso la libertà vera.

La Presidente Lombardi conclude dicendo che “la felicità richiede di saper limitare alcune necessità che ci stordiscono, restando disponibili per le molteplici possibilità che offre la vita, in questo modo sarà possibile “sentire nuovamente che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il mondo”.

Si entra poi nel vivo dell’incontro. Il Prof. Vespasiano inizia il suo intervento con una domanda: Sono più importanti le cose o le persone? Nella Laudato si’ viene presentata “un’ecologia integrale che comprenda chiaramente le dimensioni umane e sociali”. (137) In questa prospettiva, Papa Francesco propone di avviare – a ogni livello della vita sociale, economica e politica – un dialogo onesto, che generi processi decisionali trasparenti (cap. 5); invita noi tutti ad assumere nuovi stili di vita, ricordandoci che acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico (cap. 6).

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Alcuni assi tematici dell’enciclica sono: l’intima relazione tra i poveri e la fragilità del pianeta; la convinzione che tutto nel mondo è intimamente connesso; la critica al nuovo paradigma e alle forme di potere che derivano dalla tecnologia; l’invito a cercare altri modi di intendere l’economia e il progresso; il valore proprio di ogni creatura; il senso dell’ecologia; la necessità di dibattiti sinceri e onesti; la grave responsabilità della politica internazionale e locale; la cultura dello scarto e la proposta di un nuovo stile di vita. Per un sociologo quest’ultimo asse è fondamentale, precisa il Prof. Vespasiano, perché evidenzia che il progresso di un Paese non è determinato solo ed esclusivamente dalla crescita del PIL (Prodotto Interno Lordo), ma è strettamente connesso alla qualità della vita di tutte le persone che vivono in quel Paese, in quel sistema.

Papa Francesco ci invita a guardare onestamente al grande deterioramento della nostra casa comune (61), dovuto al cambiamento climatico (20-22); alla questione dell’acqua (27-31); all’erosione della biodiversità (32-42); alla precarizzazione della vita umana e sociale (43-47); all’alto tasso di iniquità nel mondo, in particolar modo contro i poveri della terra (48-52).

Anche scientificamente, il Nuovo Paradigma Ecologico è proiettato nella stessa direzione dell’enciclica e pertanto riprende i punti fondamentali del documento pontificio.

Dando uno sguardo ai dati numerici, il Prof. Vespasiano mostra un grafico che illustra la variazione della popolazione mondiale in base all’anno di riferimento. Il lasso temporale preso in considerazione va dal 1974 al 2046. E’ chiaro immediatamente come la popolazione mondiale abbia subìto una crescita, passando dai 4 miliardi di persone del 1974 ai 7 miliardi registrati nel 2012. Questo processo di crescita si è avuto in soli 40 anni. Se volgiamo uno sguardo al passato ci rendiamo conto che questo stesso processo avrebbe richiesto millenni, infatti, non si è mai realizzato. La previsione per il 2046 è di 9 miliardi di persone, se non addirittura 10 miliardi nel 2050. Come afferma un grande economista inglese: quando i numeri cambiano, io cambio opinione. In altri termini, se non ci fosse questa crescita esponenziale della popolazione, noi non staremmo qui a preoccuparci dell’impatto ecologico, perché il sistema mondo sarebbe nelle condizioni di gestire 3, 4 forse 5 miliardi di persone. Il problema è che la popolazione è cresciuta in modo eccessivo e anche eccezionale a partire dagli anni ’70. Perché? Cos’è avvenuto in quel periodo? La grande trasformazione industriale, che è iniziata qualche decennio prima ma che ha avuto il suo picco massimo con il boom economico proprio negli anni ’60/’70, ha consentito di gestire i bisogni di una popolazione in netta crescita.  Dunque, si è diffusa una condizione di benessere, che si è tradotta in un innalzamento dell’età media di vita e che ha creato un’insostenibilità dello sviluppo.

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Il Prof. Vespasiano fa riferimento al sito web www.worldometers.info, che aggiorna in tempo reale le variazioni di alcuni indicatori, di alcune variabili importanti, come ad esempio la quantità di terra persa a causa dell’erosione dei suoli, la quantità di CO2 emessa quest’anno, gli ettari di desertificazione e così via. Dal grafico sull’andamento delle emissioni cumulative di CO2 dal 1870 ad oggi che il Prof. Vespasiano mostra ai ragazzi, si evince come queste emissioni siano aumentate, in particolare dal 1995, in maniera esponenziale ed esagerata con un trend continuo. Chi emette più CO2 nell’atmosfera è l’Europa insieme al Nord America. Ciò significa che questo problema interessa principalmente i paesi più ricchi e industrializzati. Anche in relazione alla temperatura media mondiale e alla concentrazione di anidride carbonica si registra un aumento considerevole del loro andamento.

Un’ulteriore area di interesse problematica è rappresentata dall’acqua. I dati, sempre forniti dal sito web  www.worldometers.info, ci dicono che allo stato attuale sono stati già consumati 683.386.571 milioni di litri di acqua, 52.564 sono le morti per mancanza d’acqua, 623.149.135 milioni di persone non hanno accesso all’acqua.

Nel presentare un successivo grafico dell’Energy Hunters sul consumo di acqua dolce diretta pro-capite (l./giorno) per bere, cucinare, ecc., il Prof. Vespasiano precisa che i paesi che consumano meno acqua dolce diretta sono il Mozambico, l’Uganda, il Ruanda, l’India, l’Etiopia rispetto agli Stati Uniti, all’Australia e all’Italia che risultano essere ai primi posti della classifica. L’Italia occupa il terzo posto perché, oltre a berla e sprecarla, utilizza l’acqua anche per altre cose, come ad esempio l’agricoltura,  in quanto leader mondiale nel settore agroalimentare. Seguono Giappone, Messico, Spagna, Norvegia, Francia, ecc.

In materia di energia, sempre secondo il sito web www.worldometers.info, la gran parte viene da fonti non rinnovabili. Facendo riferimento ad uno studio statistico commissionato dalla British Petroleum, il Prof. Vespasiano precisa che il consumo di energia da parte dei paesi ricchi e industrializzati è superiore rispetto alla quantità di energia prodotta.

A questo punto, l’attenzione viene indirizzata su due concetti: l’errore di tipo I e l’errore di tipo II. In statistica, si fa un errore di tipo I quando viene accettato come vero qualcosa che è falso. Fino a qualche decennio fa, veniva considerato l’errore peggiore. Da alcuni decenni a questa parte, invece, viene considerato più pericoloso l’errore di tipo II, che consiste nel rifiutare come falso qualcosa che è vero. Perché è più pericoloso l’errore di tipo II? Perché secondo l’approccio del costruzionismo sociale (Hannigan 1995; Yearley 1992,1996), la crisi ecologica diventa una preoccupazione sociale solo quando gli attori sociali  – individuali e collettivi- la percepiscono e la trattano come tale (Beato 1998).

Infatti, “l’idea che un’economia più verde possa anche essere più giusta ha catturato l’attenzione di molti leader religiosi, proprio perché è divenuto chiaro che il disprezzo per l’ambiente naturale e per il benessere delle altre specie vanno di pari passo con il disprezzo dei diritti umani e il benessere della nostra stessa specie.” (Naomi Oreskes, Erik Conway, 2014, Il crollo della civiltà occidentale. Una storia del futuro, pp. 16-17) Commettere l’errore di tipo II significa disprezzare non soltanto gli altri, ma anche noi stessi, considerando più importanti le cose che abbiamo o che vogliamo avere.

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Secondo il Prof. Vespasiano ci comportiamo, da qualche anno a questa parte, come sistemi sociali idioti. “Per lo storico che studia questo periodo tragico della storia umana, il fatto più sorprendente è che le vittime sapevano cosa stava accadendo e perché stava accadendo.” (Naomi Oreskes, Erik Conway, 2014, Il crollo della civiltà occidentale. Una storia del futuro). Tuttavia, le vittime, da idiote, continuano a commettere l’errore di tipo II.

Tutto quello detto finora fa riferimento a due presunzioni, che fino ad un certo punto sono state anche due processi ideali di sviluppo per poi diventare due ideologie. “La tesi di questa analisi è che la civiltà occidentale rimase intrappolata nella morsa di due ideologie inibitorie: il positivismo e il fondamentalismo del mercato.” (Oreskes, COnqay, 2014, p. 75).

Il positivismo ha generato una fiducia indiscussa nella capacità umana di conoscere tutto quanto sia necessario per comprendere la realtà; nella capacità di possedere un grande potere decisionale e operativo se sai cosa fare. Purtroppo, la conoscenza accumulata a sostegno della consapevolezza dell’insostenibilità di un tale modello economico si scontra con una conoscenza rivale, che minimizza i rischi ecologici e accentua i costi sociali in termini di occupazione e di benessere di un suo eventuale abbandono. Proviamo ad immaginare quale potere rivale ha il sistema dei combustibili fossili, che comprende: le imprese dei produttori di combustibili fossili, le industrie secondarie che le servono, le industrie terziarie che utilizzano quel combustibile, le istituzioni finanziarie che forniscono capitali, le imprese di marketing che ne promuovono i prodotti. Antonio Gramsci parlava di egemonia del sistema dei combustili fossili. Il Papa esorta ad utilizzare intelligenza critica.

Il fondamentalismo del mercato agisce come un sistema ideologico-religioso, ponendosi come il solo sistema alle esigenze dello sviluppo umano e il più affidabile garante della libertà di azione. (Il singolo può fare quello che vuole, lo Stato e la società non devono intromettersi). Screditare il sapere scientifico e qualunque intervento moderatore dei governi è stato l’obiettivo di fondo del fondamentalismo del mercato (Oreskes, Conway, 2014; p. 85). Anche la saggezza popolare, il buon senso comune e il principio di precauzione vengono derisi e svalutati. La quasi totalità della popolazione mondiale, oramai, ha accolto il modello di mercato, anche a dispetto dei rischi ambientali evidenti e del crescente numero di vite di scarto prodotte (per i quali si accusano i governi centrali di non intervenire adeguatamente).

Si è convinti che gli uomini siano capaci di adattarsi illimitatamente alle condizioni reali esistenti e, quasi sempre, siano capaci di modificarle. Si è convinti che gli uomini siano capaci di adattarsi anche alle sofferenze, conservando una visione ottimistica del futuro. (ottimismo adattivo umano)

Siamo convinti che i nostri sistemi sociali siano basati sulla resilienza. Per gli ingegneri, la resilienza indica e misura la capacità di un materiale a resistere agli urti senza spezzarsi. Per gli psicologi, è la capacità delle persone a resistere agli stress a superare i traumi conseguenti. Per i biologi, è la capacità di un sistema ecologico a ritrovare un equilibrio dopo uno shock perturbante. Queste capacità sono direttamente proporzionate alle qualità dei contesti biofisico, storico-culturale, biogeofrafico dei materiali, delle persone e dei sistemi ecologici. (Zolli A., Healy A.M., 2010, Resilience. Why Things Bounce Back)

“Con termini mutuati dall’ecologia e dalla sociologia, la descriviamo come la capacità di un sistema, di un’impresa o di una persona di conservare la propria integrità e il proprio scopo fondamentale di fronte a una drastica modificazione delle circostanze”. (Zolli A., Healy A.M., 2010, p. 15)

Il cardine della resilienza “sono ancora gli uomini. Una rete che non include e valorizza le persone, motivandole nel modo adeguato per indurle a partecipare, non ha nulla di intelligente.” (Zolli A., Healy A.M., 2010, p. 112)

Chiara Giaccardi e Mauro Magatti, due sociologi milanesi, scrivono che il problema è il dislivello esistente tra sistemi tecnici sempre più avanzati, estesi, pervasivi, veloci, complessi e costosi, e la reale vita umana, che è rimasta fragile, limitata, emozionale, contraddittoria. “Un dislivello che solo una conversione culturale ed esistenziale può colmare.” (Chiara Giaccardi, Mauro Magatti, 2015, Educarsi alla cura : coltivare, custodire, cantare, p. 54)

Si richiedono, pertanto, nuovi stili di vita che devono rafforzare l’apparato istituzionale delle norme sociali, ristabilendo vincolanti norme del rispetto, della responsabilità e della riflessività; rendersi consapevoli che la diffusa convinzione secondo la quale “il fine giustifica i mezzi” è un’idiozia pericolosissima; socializzarsi a comportamenti di consumo più sobri, mangiare di meno, usare meno energia fossile e acqua, muoversi con maggiore intelligenza.

Bisogna agire insieme secondo una logica politica, di partecipazione e di dialogo. L’azione politica è finalizzata ad arginare logiche tecnocratiche e speculative, e a rafforzare la prospettiva del bene comune. La partecipazione di tutti è indirizzata alla costruzione di una cittadinanza ecologica per premere sul potere politico, economico e sociale. Il dialogo deve essere sincero e onesto per strutturare processi decisionali comunicabili e ripuliti da ambiguità e corruzione.

Il Prof. Vespasiano conclude il suo intervento con due immagini che ripropongono in chiave artistica la figura e la storia di Narciso. In particolare si sofferma sull’opera di Vik Muniz, il quale raffigura Narciso che si specchia in un’acqua piena di immondizia. E’ una critica feroce al degrado ecologico che stiamo vivendo e che il Papa denuncia nell’enciclica Laudato si’.

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Foto: Alessandro Tanzillo

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